“Combattere e lottare”, capitolo 9 di Santi – La storia della Chiesa di Gesù Cristo negli ultimi giorni, volume 3, Risolutezza, nobiltà e indipendenza, 1893–1955 (2021)
Capitolo 9: “Combattere e lottare”
Capitolo 9
Combattere e lottare
Nel settembre del 1906, quando Joseph F. Smith ritornò dall’Europa, il futuro di Reed Smoot come senatore degli Stati Uniti era ancora incerto. Cinque mesi prima, alla Conferenza generale, Francis Lyman aveva annunciato pubblicamente le dimissioni degli apostoli John W. Taylor e Matthias Cowley. Anche Joseph Tanner era stato rilasciato dai suoi incarichi di dirigente.1
Le dimissioni, unite alla morte recente dell’apostolo Marriner Merrill, avevano lasciato tre posti vacanti nel Quorum dei Dodici Apostoli, che furono occupati da George F. Richards, Orson F. Whitney e David O. McKay.2
L’annuncio delle dimissioni sembrava aver avuto un effetto positivo su molti colleghi di Reed al Senato. “Da quello che sento dire”, aveva riferito Reed ai dirigenti della Chiesa, “i senatori, in generale, hanno accolto le azioni intraprese all’ultima conferenza come una dimostrazione di buona fede da parte della Chiesa e soprattutto del presidente Joseph F. Smith”3.
Tuttavia, questo non valeva per i membri della commissione del Senato incaricati dell’indagine, la maggior parte dei quali continuava a diffidare della Chiesa. Al termine dell’indagine, votarono perché fosse raccomandata la rimozione di Reed dalla carica.4
Alla fine, nel febbraio del 1907, il Senato al completo prese in considerazione la questione, quattro anni dopo lo sdegno causato dall’elezione di Reed. La commissione aveva prodotto un documento con più di tremila pagine di testimonianze raccolte da più di cento testimoni, contrari o a favore. Nel rivedere questo documento, i senatori tennero presenti anche le loro interazioni personali con Reed, che si era guadagnato il rispetto di molti a Washington, DC. Theodore Roosevelt, il presidente degli Stati Uniti, era un suo fedele sostenitore e invitò caldamente il Senato a votare in suo favore. Quando i senatori alla fine deliberarono sulla questione, votarono per ignorare la raccomandazione della commissione e per permettere al senatore Smoot di mantenere il suo seggio.5
Dopo pochi giorni, Joseph F. Smith scrisse per congratularsi con Reed e per ringraziare i senatori per la loro decisione imparziale. Si augurava che altri potessero conoscere meglio i Santi. “Se questo fosse possibile, i fraintendimenti attuali e le idee errate diffuse in merito a La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni”, scrisse, “cesserebbero per sempre”6.
Alcune settimane dopo, il presidente Smith aprì la conferenza generale di aprile 1907 con altre buone notizie. “Le decime del popolo nell’anno 1906 hanno superato le decime di qualsiasi altro anno”, disse. “Oggi La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni non deve un dollaro che non sia in grado di ripagare immediatamente. Finalmente siamo nella condizione di poter pagare subito”.
Elogiò la fedeltà dei Santi e commentò: “Non dobbiamo più prendere nulla in prestito e non dovremo più farlo se i Santi degli Ultimi Giorni continueranno a vivere secondo la loro religione e a osservare questa legge della decima”7.
Dopo il discorso, il presidente Smith invitò Orson F. Whitney a leggere una dichiarazione pubblica che la Prima Presidenza e i Dodici avevano preparato in merito alle convinzioni e ai valori dei Santi degli Ultimi Giorni. La dichiarazione rispondeva a molte delle accuse mosse contro la Chiesa e i suoi membri durante le audizioni nel caso Smoot. Inoltre, forniva ai Santi un resoconto ufficiale dei principi e delle pratiche basilari del Vangelo. “La nostra religione è fondata sulle rivelazioni di Dio”, sosteneva la dichiarazione. “Il Vangelo che proclamiamo è il vangelo di Cristo, restaurato sulla terra”.
La dichiarazione dipingeva i Santi come un popolo onesto, di mentalità aperta, intelligente e pio. Attestava anche la loro dedizione alla casa e alla famiglia, incluso il matrimonio monogamo. “La casa ‘mormone’ tipica è il tempio della famiglia”, affermava. “Il popolo ‘mormone’ si è piegato in rispettosa sottomissione alle leggi promulgate contro il matrimonio plurimo”.
Inoltre, la dichiarazione spiegava il principio dell’arbitrio morale, della decima e della dirigenza del sacerdozio. Attestava poi il patriottismo dei Santi, la lealtà ai governi della terra e l’impegno a una separazione tra Chiesa e Stato. “Desideriamo vivere in pace e in sicurezza con i nostri concittadini di tutte le fazioni politiche e di tutte le religioni”, proclamava.
Secondo la dichiarazione, il vangelo restaurato cercava di elevare la società, non di distruggerla. Essa riportava: “La nostra religione è interconnessa con la nostra vita, ha plasmato il nostro carattere e la verità dei suoi principi è impressa nella nostra anima”8.
Dopo che l’anziano Whitney ebbe finito di leggere la dichiarazione, Francis Lyman espresse il sostegno da parte del Quorum dei Dodici Apostoli. Poi, su invito del presidente Smith, la congregazione votò all’unanimità di abbracciarne e sostenerne il messaggio.9
Il 16 aprile 1908, Jane Manning James, una dei primi santi degli ultimi giorni neri, morì nella sua casa di Salt Lake City. Era arrivata nella Valle del Lago Salato con suo marito e i suoi figli nel settembre del 1847 insieme alla prima compagnia di santi che avevano seguito a ovest la compagnia d’avanguardia di Brigham Young.10 Da allora era diventata molto conosciuta in città. Era fiera dei suoi diciotto nipoti e dei suoi sette pronipoti. Insieme a suo fratello Isaac, andava alle riunioni della Chiesa nel Tabernacolo di Salt Lake e spesso frequentava incontri di “vecchie colonne” e pionieri della Chiesa.11
Il suo funerale fu tenuto presso la casa di riunione dell’Ottavo Rione di Salt Lake City. La cappella era gremita di amici di Jane, sia neri sia bianchi, venuti per ricordare la sua vita. La stanza era piena di fiori per onorare la fede e la bontà di cuore di Jane.
Un’amica di Jane, Elizabeth Roundy, lesse un breve episodio autobiografico che Jane le aveva dettato alcuni anni prima. Jane era nata libera in un periodo in cui la schiavitù era ancora legale e in cui le persone nere in tutto il mondo spesso erano trattate come esseri socialmente inferiori. La sua biografia raccontava la storia della sua conversione avvenuta negli Stati Uniti orientali, il viaggio a piedi della sua famiglia per quasi milleduecento chilometri per raggiungere Nauvoo e le esperienze avute vivendo con la famiglia del profeta Joseph Smith e lavorando per loro. Raccontava anche di come Emma Smith aveva invitato per due volte Jane a essere adottata nella famiglia sua e di Joseph.12
Verso la fine della sua biografia, Jane rendeva una testimonianza fervente. Era rimasta vedova, era sopravvissuta a tutti eccetto a due figli e dieci nipoti e a quel punto era quasi cieca, eppure affermò: “Il Signore mi protegge e si prende buona cura di me nella mia condizione vulnerabile e voglio dire qui e ora che la mia fede nel vangelo di Gesù Cristo, come insegnato da La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, oggi è forte, anzi, se possibile, più forte di quanto non fosse il giorno in cui fui battezzata”13.
Il presidente Joseph F. Smith parlò al funerale. Negli anni, a volte Jane aveva cercato il suo aiuto per ricevere le ordinanze del tempio per sé e per i suoi familiari defunti. In particolare, desiderava ricevere l’investitura ed essere suggellata a una famiglia.14 Tuttavia, sin dall’inizio del decennio del 1850, la Chiesa aveva precluso ai santi di discendenza africana la possibilità di detenere il sacerdozio e di ricevere tutte le ordinanze del tempio ad eccezione del battesimo per i morti. Le spiegazioni dell’attuazione di queste restrizioni variavano, ma erano solo congetture, non la parola di Dio. Brigham Young aveva promesso che tutti i Santi, a prescindere dalla razza, un giorno avrebbero ricevuto tutte le ordinanze e le benedizioni del Vangelo.15
Come altri santi neri, Jane aveva celebrato dei battesimi per i suoi parenti defunti. Aveva anche chiesto di ricevere l’investitura e poi essere suggellata per procura a Walker Lewis, uno dei pochi santi neri ad aver detenuto il sacerdozio prima che entrassero in vigore le restrizioni. In occasioni successive, aveva chiesto di essere suggellata per adozione alla famiglia di Joseph Smith. Però, ogni volta che richiedeva l’investitura o il suggellamento, Joseph F. Smith o un altro dirigente della Chiesa confermavano le restrizioni poste dalla Chiesa.16
Tuttavia, con l’aiuto di Zina Young, presidentessa generale della Società di Soccorso, Jane aveva ricevuto il permesso dai dirigenti della Chiesa di essere unita per l’eternità alla famiglia di Joseph Smith. In risposta alla sua richiesta, avevano preparato una cerimonia per procura che aveva unito Jane alla famiglia come servitrice. Alla cerimonia, Zina Young aveva fatto le veci di Jane mentre Joseph F. Smith aveva rappresentato il profeta Joseph Smith.17
Sebbene non fosse stata soddisfatta della cerimonia, Jane aveva continuato a essere fedele. “Pago la decima e le offerte, rispetto la Parola di Saggezza”, diceva. “Vado a letto presto e mi sveglio presto. Cerco, nel mio modo semplice, di essere un buon esempio per tutti”18.
Nel 1902, Jane chiese al patriarca John Smith, il fratello maggiore di Joseph F. Smith, quando le sarebbe stato permesso di ricevere l’investitura. “Sii paziente e attendi un po’ più a lungo”, aveva detto lui, assicurandole che il Signore si curava di lei. Le promise che il Signore “sarebbe stato buono con lei, molto più di quanto lei avesse mai sognato”. Fino alla fine della vita, Jane continuò a sperare di poter ricevere un giorno tutte le benedizioni del tempio.19
Dopo il funerale, Jane fu sepolta nel cimitero di Salt Lake City. “Poche persone erano più conosciute per la loro fede e fedeltà di quanto lo fosse Jane Manning James”, la elogiava il Deseret News. “Benché fosse una degli umili della terra, contava centinaia di amici e conoscenti”20.
Nel luglio del 1909, il Salt Lake Tribune iniziò a pubblicare elenchi di uomini che presumibilmente avevano contratto nuovi matrimoni plurimi dopo il Manifesto. Gli elenchi allarmarono la Prima Presidenza e il Quorum dei Dodici Apostoli. Immediatamente, Joseph F. Smith incaricò gli apostoli Francis Lyman, John Henry Smith e Heber J. Grant di indagare sulla faccenda e di sottoporre a disciplina i santi che avessero violato la direttiva della Chiesa relativa al matrimonio plurimo dall’emanazione del Secondo Manifesto.21
L’indagine durò più di un anno e risultò nella scomunica di due uomini che da poco avevano contratto o celebrato nuovi matrimoni plurimi. Inoltre, la Prima Presidenza inviò una lettera a tutti i presidenti di palo, esortandoli a ordinare ai vescovi di sottoporre a disciplina chi violava il Secondo Manifesto. Scrisse: “Riteniamo che chiunque violi questa regola e azione importante non solo commetta una trasgressione personale, ma arrechi disonore anche alla Chiesa”22.
Più o meno in questo periodo, Pearson’s, una rivista famosa negli Stati Uniti, pubblicò una serie di articoli di critica nei confronti della Chiesa. Basandosi sulle liste dei nuovi matrimoni plurimi pubblicate dal Salt Lake Tribune, gli articoli accusavano la Chiesa di disonestà e corruzione. Joseph F. Smith venne a sapere anche che un’altra nota rivista, Everybody’s, progettava di proporre una serie simile scritta da Frank Cannon, figlio di George Q. Cannon.23
Frank era stato senatore dello Utah e un tempo era stato un consulente della Prima Presidenza. Tuttavia, il suo consumo di alcolici, le relazioni extraconiugali e altre colpe avevano scavato un solco tra lui e i dirigenti della Chiesa. Dopo la morte di suo padre, era diventato un aspro critico della Chiesa e di Joseph F. Smith, e la sua precedente rispettabilità tra i Santi aveva dato alle sue parole una parvenza di credibilità.24
Quando vennero a conoscenza dei progetti di Frank, Joseph F. Smith e Anthon Lund scrissero immediatamente al direttore di Everybody’s, avvisandolo che gli scritti di Frank erano falsi e non meritavano attenzione. A quel tempo però i direttori delle riviste spesso erano ansiosi di pubblicare storie scandalistiche e di denuncia, e il direttore subito iniziò a pubblicare gli articoli di Frank. Ben presto il numero di abbonamenti alla rivista impennò in tutta la nazione.25
Frank non era il primo ex santo degli ultimi giorni ad attaccare la Chiesa pubblicamente. Ezra Booth, John C. Bennett, T. B. H. e Fanny Stenhouse, e William Jarman avevano tutti cercato di danneggiare la Chiesa con i loro scritti. In ogni caso, la popolarità della serie di Frank fu disarmante.
La Chiesa si trovava di nuovo ad affrontare una crisi di immagine pubblica.26
Un gruppetto di studenti e missionari santi degli ultimi giorni della Missione svizzero-tedesca esultò quando Emma Lucy Gates apparve per il secondo inchino finale alla Royal Opera House di Berlino. Da quando era arrivata in Germania insieme a John e Leah Widtsoe dieci anni prima, Lucy era diventata una stella nascente dell’opera europea ed era la prima volta che cantava nella famosa sala. Non deluse il suo pubblico.
Dal palco Lucy riusciva a sentire la fede e il sostegno degli altri santi, che erano ammassati nella galleria superiore. La chiamavano il loro “usignolo dello Utah”. Molti di loro avevano pregato perché quella sera avesse successo e alcuni avevano digiunato per lei.27
I giornali lodarono la sua esibizione. “L’addestramento della sua voce non lascia nulla a desiderare”, scrisse un recensore, “e la tecnica raffinata e precisa ha mostrato la vera arte musicale”28.
Anche se alcune recensioni sottolinearono il tedesco non perfetto di Lucy, nessuna fece menzione alla sua nazione di provenienza o alla sua religione. L’opposizione verso la Chiesa era in continuo aumento in Germania e in altre parti dell’Europa, quindi Lucy aveva mantenuto segreta alla Royal Opera House la sua appartenenza alla Chiesa. La maggior parte dei santi tedeschi venivano perseguitati nelle loro comunità e spesso i missionari erano bersaglio di multe, messe al bando, arresti e incarcerazione.29
L’insegnante di canto di Lucy, Madame Blanche Corelli, l’aveva spinta a tenere nascosta la sua religione per il bene della sua carriera. Scrivendo a casa, Lucy disse a sua madre, Susa Gates, che con riluttanza aveva dichiarato alla Royal Opera House di essere protestante. Lucy non voleva nascondere la sua fede, ma non avrebbe permesso che i pregiudizi di qualcuno determinassero il suo futuro.30
Susa sosteneva la sua scelta, sottolineando di averne parlato al presidente Smith, che riteneva giusto che lei mantenesse privata la sua religione. Anche suo padre, Jacob Gates, la sosteneva. “Lo stai facendo per un buon motivo”, scrisse, “e non perché ti vergogni di ciò che sai essere vero”31.
Nell’estate del 1910, l’opposizione tedesca nei confronti della Chiesa si inasprì a tal punto che Lucy iniziò ad avere paura a rendere il culto pubblicamente insieme ai santi a Berlino. Di recente la polizia della città aveva arrestato ventuno missionari, turisti e studenti santi degli ultimi giorni. Quando gli ufficiali li avevano rilasciati dalla prigione diciotto ore dopo, i prigionieri erano stati banditi dalla città come “stranieri indesiderati”. Soltanto ad alcuni studenti era stato permesso di rimanere, purché non frequentassero la chiesa né predicassero il Vangelo.32
A settembre, dopo aver saltato tre settimane di riunioni della Chiesa, Lucy desiderava rendere il culto insieme agli altri santi e prendere il sacramento. Suggerì di tenere piccole riunioni sacramentali per i santi americani a Berlino, come lei aveva fatto con Leah e John a Göttingen. Tuttavia, dal momento che tutte le riunioni religiose dovevano essere ufficialmente registrate in città, il piccolo gruppo si incontrava in segreto.
Alle riunioni, i santi americani prendevano il sacramento, cantavano inni e rendevano testimonianza. Lucy aveva portato con sé a Berlino diversi libri della Chiesa, tra cui le Scritture. Così, durante la loro seconda riunione studiarono Dottrina e Alleanze e trascorsero un’ora a parlare della dottrina della risurrezione.
“Ora per favore non parlarne in giro”, Lucy avvisò la madre in una lettera in cui descriveva le riunioni. Il governo tedesco controllava le notizie che provenivano da Salt Lake City. Se un articolo sulle loro riunioni segrete fosse apparso in un giornale dello Utah e la polizia di Berlino lo avesse notato, Lucy e i suoi amici sarebbero stati in grave pericolo.
“Non possiamo andare in prigione”, scrisse. “Perciò, per favore, tutti quelli che leggono queste cose facciano attenzione”33.
A gennaio e a febbraio del 1911, la rivista McClure’s di New York City pubblicò un articolo in due parti sul matrimonio plurimo nel periodo dopo il Manifesto, dal titolo “The Mormon Revival of Polygamy” [il risveglio della poligamia tra i mormoni]. Con l’uscita di questi articoli, erano tre le riveste a maggior diffusione negli Stati Uniti che pubblicavano attacchi contro la Chiesa. Gli articoli avevano un pubblico di milioni di lettori.34
L’articolo della rivista McClure’s stimava che nei ventun anni trascorsi dal Manifesto avessero avuto luogo da millecinquecento a duemila matrimoni plurimi. In realtà, il numero era di circa duecentosessanta, ma questo non fermò l’autore. “Sembra che non ci siano probabilità che nel prossimo futuro la pratica si estingua”, fu la sua opinione. In effetti, lui riteneva che il numero di giovani che contraeva nuovi matrimoni plurimi fosse sufficiente per mantenere viva la pratica per almeno altri cinquant’anni.35
L’articolo attirò l’attenzione del giornalista di New York City Ike Russell, che era cresciuto nella Chiesa nello Utah. Era un nipote dell’apostolo Parley P. Pratt e lo zio di sua moglie era il presidente di missione a New York City. Ike aveva lasciato la sua religione da adolescente, ma seguiva le notizie dello Utah e provava affetto per i Santi.36
Ike era irritato che gran parte del contenuto dell’articolo del McClure’s fosse falso o fuorviante. In una pagina c’erano le fotografie di sette apostoli che avevano contratto matrimoni plurimi dopo il Manifesto. La didascalia leggeva: “La Chiesa non ha scomunicato nessuno di loro per aver trasgredito la rivelazione”. In effetti, cinque degli uomini erano già morti e gli altri due erano John W. Taylor e Matthias Cowley, che non facevano più parte del quorum. L’articolo, inoltre, ometteva di menzionare che tutti gli apostoli nelle foto, eccetto uno, da allora erano stati sostituiti da monogami.37
Ike scrisse al direttore del McClure’s sottolineando i molti errori presenti nell’articolo. Scrisse anche delle lettere ad altre riviste, ma i direttori per lo più lo ignorarono.38
Allora si sentì spinto a provare qualcosa di diverso. Uno degli articoli sul Pearson’s affermava che l’ex presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt avesse stretto un accordo con i dirigenti della Chiesa per assicurarsi dei voti durante un’elezione recente. Se Ike fosse riuscito a fare in modo che Roosevelt negasse quell’affermazione, avrebbe potuto sfruttare la cosa per screditare l’articolo.
Ike si sedette e iniziò a battere a macchina. “Scrivo nella speranza che lei possa essere tanto buono da aiutarmi nel tentativo che sto facendo di presentare la storia in modo più accurato”.39
Nel frattempo, in Inghilterra, l’apostolo e presidente della Missione europea Rudger Clawson apprese che il governo inglese stava avviando un’indagine sull’opera missionaria della Chiesa. Consapevole dei tentativi tedeschi di bandire i missionari dalle loro città, alcuni legislatori si chiedevano se i britannici dovessero fare altrettanto. Benché alcuni giornalisti britannici fossero a favore della tolleranza religiosa nei confronti dei Santi, molte persone nel Regno Unito continuavano a considerare i missionari dei rappresentanti di una chiesa straniera che insegnava idee strane e induceva le donne britanniche al matrimonio plurimo.40
I critici della Chiesa alimentavano queste paure, minando l’ottimo lavoro che le donne sante degli ultimi giorni avevano fatto come missionarie per superare i malintesi. Seguendo l’esempio di William Jarman, che occasionalmente teneva ancora conferenze, un altro ex santo degli ultimi giorni degli Stati Uniti stava visitando la nazione raccontando in maniera estremamente critica le esperienze vissute nella Chiesa. Altri critici stavano pubblicando materiale ostile e guidavano l’opposizione contro i Santi.41
All’inizio del 1911, Rudger scrisse a Winston Churchill, il Segretario di Stato per gli Affari Interni britannico, promettendo di collaborare con il governo. “In caso di indagini”, sottolineava, “siamo pronti e disposti a offrirvi tutto l’aiuto che possiamo”. Poco tempo dopo, Churchill aprì un’inchiesta sulla Chiesa e sulla sua opera missionaria. Egli disse al Parlamento: “Considero la questione seriamente”42.
L’opposizione verso la Chiesa in Gran Bretagna fu costante fino a primavera. Una domenica di aprile, un gruppo chiamato Liverpool Anti-Mormon Crusade [crociata anti mormone di Liverpool] diede il via a una sommossa nella città di Birkenhead, dove una trentina di santi si incontravano in una sala. Spronati dalla folla, alcuni dei sovversivi caricarono un gruppo di poliziotti radunati fuori dalla sala. Altri lanciarono pietre alle finestre.
All’intensificarsi delle violenze, gli agenti cercarono di arrestare chi causava disordini, ma i sovversivi reagirono. Alcuni tra la folla diedero ai missionari una lettera che intimava loro di lasciare Birkenhead entro sette giorni.
“Non mi sottometterò”, disse Richard Young, il missionario che presiedeva la conferenza.
“Sei disposto ad affrontarne le conseguenze?”, chiese uno dei sovversivi.
“Sì”, rispose.43
I giornali locali pubblicarono storie sulla rivolta e sull’ultimatum dato dai sovversivi e molte persone erano impazienti di vedere quello che sarebbe accaduto in seguito. Rudger era preoccupato che i missionari avrebbero subito danni fisici se fossero rimasti in città. Tuttavia, dopo essersi consultato con Richard e con gli altri missionari, fu d’accordo che dovessero restare. Se gli anziani avessero lasciato Birkenhead, che cosa avrebbe impedito alla folla di cercare di scacciare i missionari dalle altre città e dagli altri villaggi?44
Rudger stabilì che la domenica successiva sarebbe stata un giorno di preghiera e digiuno per i missionari. Il giorno designato, gli anziani missionari a Birkenhead si radunarono per la loro prima riunione pubblica dopo la sommossa. La polizia si presentò e si dispose in fila davanti alla sala. Ben presto si assembrò una folla di circa cinquemila persone e dei sovversivi sfilarono davanti alla polizia con una banda di ottoni. La folla acclamò gli agitatori, ma non esplosero violenze.
Lo sprezzo del pericolo da parte degli anziani per i sovversivi colpì alcuni osservatori. “Sembra che questo abbia cambiato il tono degli articoli di giornale su di noi”, riferì Rudger alla Prima Presidenza. “Almeno per il momento, lo spirito di violenza e l’astio verso il santi degli ultimi giorni sembrano essere svaniti”45.
In quel periodo, Winston Churchill aveva proseguito la sua indagine sulla Chiesa. In tutta la nazione, la polizia interrogava le famiglie di ragazze che si erano unite alla Chiesa ed erano emigrate nello Utah, e i rappresentanti del governo frequentavano le funzioni religiose. Nessuno trovò prove che la Chiesa o i suoi missionari stessero causando danni. Soddisfatto, Churchill concluse che non vi fosse alcuna ragione per espellere i missionari e suggerì di non intraprendere azioni legali contro i Santi.46
Nello Utah, Joseph F. Smith ricevette una copia di una lunga lettera che Theodore Roosevelt aveva scritto a Ike Russell, in cui confutava le affermazioni secondo cui egli avesse stretto un accordo con i Santi per ottenere i voti dello Utah. “Non solo l’accusa è falsa”, scriveva Roosevelt a Ike, “ma così assurda che risulta difficile discuterne seriamente”47.
Joseph sapeva che Ike voleva pubblicare la lettera nel Collier’s, una rivista con circa un milione di lettori. Anche Reed Smoot esortava Joseph a fare qualcosa in merito agli attacchi. “Se non agiamo”, avvisò Reed, “dubito potremo sfuggire a un’inchiesta”. Finora però Joseph aveva fatto ben poco per rispondere agli articoli delle riviste.48
Poi, all’inizio di aprile del 1911, mandò un telegramma a Reed per chiedere se nell’Est ci fossero giornali disposti a pubblicare una risposta ufficiale della Chiesa. Immediatamente Reed contattò i giornali, ma non ricevette alcuna promessa. Nel frattempo, Ike si era accordato per far pubblicare la lettera di Theodore Roosevelt sul Collier’s. Soddisfatto, Joseph fece pubblicare la lettera e la risposta della Chiesa agli articoli delle riviste sotto forma di opuscoli che distribuì a cittadini illustri in tutti gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.49
Eppure, sulle riviste continuavano ad apparire nuovi articoli sulla Chiesa. A marzo, una quarta rivista, il Cosmopolitan, lanciò una serie di tre articoli che paragonavano la Chiesa a una vipera pronta a colpire la casa e la famiglia. Come le altre riviste, affermava che la Chiesa promuovesse ancora il matrimonio plurimo.50
All’incirca in questo periodo, Francis Lyman venne a sapere delle notizie secondo cui John W. Taylor e Matthias Cowley avevano sposato da poco altre nuove mogli plurime e avevano celebrato altri matrimoni plurimi. Lui e la sua commissione incontrarono i due uomini separatamente. Durante questi incontri John W. dimostrò la sua caparbietà. In verità, aveva sposato un’altra moglie plurima nel 1909, eppure si rifiutava di ammettere o di negare il fatto.51 Dal canto suo, Matthias riconobbe di aver sbagliato. Alla fine, i Dodici scomunicarono John W. e proibirono a Matthias di usare l’autorità del sacerdozio.52
Dopo aver sottoposto gli ex apostoli alla disciplina della Chiesa, Joseph F. Smith si recò a Washington, DC. Lì si incontrò con un giornalista a casa di Reed e Allie Smoot. Il giornalista fece domande sulle direttive, sulle finanze della Chiesa e su altre questioni normalmente sollevate negli articoli ostili alla Chiesa. La maggior parte delle sue domande, però, riguardava il matrimonio plurimo. Joseph rispose alle domande apertamente, impaziente di correggere le notizie errate che circolavano attraverso le riviste.
“Tra i mormoni, oggi la poligamia è assolutamente condannata e proibita dalla Chiesa”, dichiarò Joseph.
“In che modo si potrebbe dimostrare che la poligamia oggi è assolutamente proibita dalla Chiesa mormone?”, chiese il giornalista.
“La prova migliore che stiamo combattendo la poligamia seriamente e coscienziosamente”, rispose Joseph, “è fornita dall’avvenuta scomunica del signor Taylor, che in precedenza era un apostolo della Chiesa e un membro del consiglio direttivo”53.
L’intervista apparve sui giornali alcuni giorni dopo e fu presto seguita da altri articoli a favore dei Santi. “Non faccio che sentire resoconti favorevoli in seguito alla tua visita”, disse Reed a Joseph. “Credo che abbia avuto un effetto estremamente positivo”54.
Ben presto le riviste persero interesse nel pubblicare articoli di critica verso la Chiesa. Alla fine dell’estate, Joseph scrisse a Ike Russell, riflettendo sul recente scalpore. “Crediamo che l’opinione pubblica cambierà”, osservò. “Abbiamo dovuto combattere e lottare sin dall’inizio e non ci aspettiamo altro che opposizione, di un tipo o di un altro, fino al momento in cui sarà ottenuta la vittoria”55.