Storia della Chiesa
Capitolo 7: Sotto processo


“A processo”, capitolo 7 di Santi – La storia della Chiesa di Gesù Cristo negli ultimi giorni, volume 3, Risolutezza, nobiltà e indipendenza, 1893–1955 (2021)

Capitolo 7: “Sotto processo”

Capitolo 7

Sotto processo

Joseph F. Smith che parla a un’audizione del Senato degli Stati Uniti

All’inizio del 1901, Joseph F. Smith iniziò a farsi carico di più responsabilità ecclesiastiche nella Prima Presidenza dato che la salute di George Q. Cannon andava peggiorando. A marzo George e la sua famiglia si recarono sulla costa della California nella speranza che l’aria dell’oceano lo rianimasse. Nel frattempo, Joseph cercava di risollevare il suo amico da lontano.

“La nostra lunga amicizia nata nell’opera del ministero”, scrisse a George, “ha legato a te il mio cuore, la mia anima, il mio amore e le mie emozioni in vincoli di affetto forti quanto l’amore per la mia vita, vincoli che non possono essere spezzati”1.

Tuttavia, la salute di George continuava a indebolirsi. I suoi figli inviavano con regolarità a Salt Lake City rapporti sulla salute cagionevole del padre, così Joseph non fu sorpreso quando il 12 aprile arrivò un telegramma che annunciava la morte di George. Tuttavia, soffrì profondamente per la perdita. “Era un uomo al contempo umile ed eccezionale, ritenuto un capo vigoroso nei consigli dei suoi fratelli”, rifletteva quel giorno Joseph sul suo diario. “Tutto Israele piangerà la sua morte”2.

Nel dolore, Joseph rivolse l’attenzione al suo ruolo sempre più centrale nella Prima Presidenza.3 Quell’anno, lui e il presidente Lorenzo Snow incaricarono tre apostoli di guidare gli sforzi missionari in zone chiave del mondo. Chiamarono Francis Lyman a presiedere la Missione europea, John Henry Smith a ravvivare la missione in Messico e Heber J. Grant a guidare la prima missione in Giappone. Desiderando espandere l’opera del Signore in altre parti del mondo, i dirigenti della Chiesa presero in considerazione anche l’idea di mandare missionari in Sud America e di costruire un piccolo tempio per le colonie di santi in Arizona e nel Messico settentrionale. La Chiesa aveva ancora debiti, tuttavia, e per il momento questi rimasero solo dei progetti.4

Quell’anno i Santi piansero altre due morti. Ad agosto, la presidentessa generale della Società di Soccorso, Zina Young, collassò mentre era in visita dalla figlia, Zina Presendia Card, in Canada. In fretta, Zina Presendia ricondusse la madre nello Utah, dove morì serenamente nella sua casa di Salt Lake City. Per tutta la vita Zina aveva dato l’esempio di come mettere il regno di Dio davanti a qualsiasi altra cosa.5

“Ogni giorno gioisco sempre di più per lo splendore dei principi in cui crediamo”, aveva detto alla Società di Soccorso a Cardston due settimane prima di morire. “Non è possibile descrivere la grandezza delle nostre benedizioni. Non esiste nulla di paragonabile alle benedizioni che godiamo affidandoci a Dio”6.

Due mesi dopo, il presidente Snow fu colpito da una malattia improvvisa. Diversi apostoli si presero fedelmente cura di lui e, su richiesta di Joseph F. Smith, si inginocchiarono attorno al suo letto per pregare in suo favore. Morì poco tempo dopo.

Al funerale del presidente Snow, Joseph elogiò lui e la sua testimonianza inamovibile della verità. “Ad eccezione del profeta Joseph”, dichiarò, “credo che non vi sia mai stato alcun uomo su questa terra che abbia reso una testimonianza di Gesù Cristo più profonda e più evidente”7.

Alcuni giorni dopo, il 17 ottobre 1901, il Quorum dei Dodici Apostoli sostenne Joseph F. Smith quale sesto presidente della Chiesa. Egli chiamò John Winder del Vescovato presiedente e Anthon Lund come suoi consiglieri. Poi, gli apostoli posero le mai sul capo di Joseph, e John Smith, il suo fratello maggiore e patriarca della Chiesa, lo mise a parte.8


I Santi sostennero la nuova Prima Presidenza durante una riunione speciale tenuta nel Tabernacolo di Salt Lake il 10 novembre 1901. “È nostro dovere prendere in mano l’opera con energia, con piena determinazione e intento di cuore per farla avanzare, con l’aiuto del Signore e in accordo con l’ispirazione del Suo Spirito”, disse il presidente Smith alla congregazione. All’alba del nuovo secolo, egli voleva offrire speranza per il futuro ai membri della Chiesa.

“Siamo stati scacciati dalle nostre case, calunniati e diffamati in ogni dove”, disse. “Il Signore pianifica di cambiare questa situazione e di farci conoscere al mondo nella nostra vera luce: come veri adoratori di Dio”9.

Alla riunione, il presidente Smith inoltre invitò i Santi a sostenere Bathsheba Smith quale quarta presidentessa generale della Società di Soccorso. Era la prima volta che ai quorum del sacerdozio veniva richiesto di offrire il loro voto di sostegno per una nuova presidenza generale della Società di Soccorso.

“È stato molto gratificante per le donne interessate nel progresso delle sorelle”, osservò Emmeline Wells, “vedere le mani alzate di tutti i vari quorum del santo sacerdozio per sostenerle”10.

A settantanove anni, Bathsheba era uno dei pochi membri fondatori della Società di Soccorso di Nauvoo ancora in vita. Dopo essersi unita alla Chiesa a quindici anni, si era radunata con i santi prima nel Missouri e poi a Nauvoo. Nel 1841 aveva sposato l’apostolo George A. Smith e in seguito aveva servito come lavorante alle ordinanze nel Tempio di Nauvoo. Era stata attivamente impegnata nella Società di Soccorso, più di recente come seconda consigliera di Zina Young nella presidenza generale.11

Due mesi dopo il sostegno da parte dei Santi, Bathsheba mandò un messaggio di amore e di buona volontà a tutti i membri della Società di Soccorso. “Care sorelle, cercate di creare unione nella vostra società mediante vincoli di amore e di unità”, dichiarò. “Ora avanziamo con dedizione rinnovata per occuparci dell’opera di soccorso e di miglioramento”12.

Insieme alle sue consigliere, Annie Hyde e Ida Dusenberry, esortò a servire i poveri e i bisognosi e incentivò l’immagazzinamento di cereali e la produzione della seta. Per ottenere fondi per l’opera di soccorso, incoraggiò le sorelle della società a raccogliere donazioni tenendo aste di beneficenza, concerti e balli. Inviò delle delegate presso le organizzazioni nazionali femminili e contribuì alla formazione delle donne in qualità di infermiere e ostetriche. Inoltre, iniziò a raccogliere fondi e a fare progetti per costruire un “Edificio della donna” di fronte al Tempio di Salt Lake, sul terreno che Lorenzo Snow aveva destinato all’organizzazione prima di morire.13

Come chi le aveva precedute, Bathsheba e le sue consigliere ritenevano che fosse importante fare visita alle singole Società di Soccorso. Spesso si affidavano alle mogli dei presidenti di missione per fare visita alle Società di Soccorso in Europa e in Oceania. Tuttavia, esse stesse o le componenti del consiglio generale della Società di Soccorso cercavano di far visita alle donne della Chiesa negli Stati Uniti occidentali, in Messico e in Canada almeno due volte all’anno. Dal momento che la Chiesa in quella regione era composta da decine di pali, cosa che rendeva ancora più difficile far visita a tutte, chiamarono altre sei donne perché le aiutassero nell’opera.14

Durante le visite ai pali, le dirigenti della Società di Soccorso notarono tra le donne più giovani una mancanza di interesse. Dato che molte di queste donne erano da poco diventate madri, la presidenza generale incoraggiò le Società di Soccorso di palo a rendere i loro incontri più interessanti per la generazione più giovane. A quel tempo, le Società di Soccorso non seguivano un piano di studi prestabilito, così Bathsheba suggerì ai pali di creare delle loro classi di istruzione per le madri. Chiese che ogni Società di Soccorso attingesse alle esperienze di vita dei suoi membri anziani e contemporaneamente studiasse testi scientifici sull’educazione dei figli, cosa che interessava la nuova generazione di donne. Ben presto il Woman’s Exponent iniziò a pubblicare schemi di corsi per aiutare i pali a sviluppare i loro programmi.15

Nell’agosto del 1903, Bathsheba mandò la trentenne Ida Dusenberry a Cardston per aiutare Zina Presendia Card e le presidenze locali della Società di Soccorso a preparare delle classi per le madri. Ida le istruì affinché si occupassero del programma e usassero le riviste e altre pubblicazioni della Chiesa durante le lezioni.

“Quanto spazio dobbiamo dedicare allo studio scientifico nelle classi delle madri?”, chiese Zina Presendia.

Come insegnante di scuola materna con formazione universitaria e come amministratrice scolastica, Ida era impaziente di arricchire le classi delle madri con le ultime idee sulla genitorialità. Tuttavia, comprendeva che le sorelle più anziane della Società di Soccorso avevano molto da offrire attingendo alle loro esperienze.

“Vogliamo che vi occupiate delle necessità delle madri e dei loro doveri verso i figli in maniera generale”, spiegò. “Potremmo imparare molte cose pratiche utili l’una dall’altra”16.


Mentre Ida Dusenberry era in visita a Cardston, il suo fratello maggiore Reed Smoot si stava preparando per una battaglia politica al Senato degli Stati Uniti. Membro giovane del Quorum dei Dodici Apostoli, Reed era stato eletto al Senato all’inizio dell’anno dopo aver ricevuto dalla Prima Presidenza il permesso di candidarsi.17 Anche sua moglie, Allie, sosteneva il suo desiderio di servire al Senato, certa che potesse fare molto per il popolo dello Utah. “Sono molto impaziente di vederti aver successo”, gli disse, “e sento che Dio ci benedirà entrambi e ci aiuterà”18.

Com’era prevedibile, la vittoria di Reed suscitò sdegno e proteste.19 Dopo che l’elezione di B. H. Roberts alla Camera dei Rappresentanti nel 1898 aveva scatenato nella nazione sentimenti negativi nei confronti dei Santi, la Chiesa aveva lottato per migliorare la propria immagine pubblica. La Chiesa da allora aveva aperto un Bureau of Information [ufficio informazioni] a Temple Square [Piazza del Tempio] per aiutare le persone a conoscere meglio i Santi. Il personale dell’ufficio era costituito da volontari, molti dei quali membri della YMMIA e della YLMIA, che distribuivano materiale divulgativo della Chiesa e rispondevano a domande sulla Chiesa e su ciò in cui credeva. Sinora avevano accolto migliaia di visitatori a Salt Lake City fornendo informazioni accurate sulla Chiesa. Eppure, il loro lavoro non riuscì a far cambiare idea agli oppositori più accaniti della Chiesa dentro e fuori lo Utah.20

I critici più incalliti di Reed erano membri della Salt Lake Ministerial Association [Associazione dei ministri di Salt Lake], un gruppo di uomini d’affari, avvocati e pastori protestanti dello Utah. Poco dopo l’elezione, presentarono una petizione ufficiale al Senato perché fosse negato a Reed il seggio. La loro petizione affermava che la Prima Presidenza e il Quorum dei Dodici Apostoli esercitassero la massima autorità politica ed economica sui Santi e si aspettassero da questi ultimi assoluta obbedienza. Inoltre, essi sostenevano che i dirigenti della Chiesa continuassero a predicare, praticare e appoggiare il matrimonio plurimo, nonostante il Manifesto. Questi elementi, concludevano, rendevano i Santi antidemocratici e sleali verso la nazione.

I membri dell’Associazione dei ministri temevano che Reed avrebbe sfruttato la sua posizione di apostolo della Chiesa per promuovere il matrimonio plurimo e proteggere coloro che lo praticavano. Un membro addirittura accusò Reed, che era monogamo, di praticare segretamente il matrimonio plurimo. Avvertì che Reed sarebbe stata una pedina nelle mani della Prima Presidenza, completamente assoggettato ai loro ordini.21

I dirigenti del Senato esaminarono la petizione e designarono una commissione di tredici senatori affinché tenessero un’audizione per valutare le affermazioni dell’Associazione dei ministri. Tuttavia, permisero a Reed di prestare giuramento consentendogli di servire in veste di senatore almeno sino a quando la commissione non avesse concluso l’audizione.22

Benché la minaccia dell’indagine incombesse sulla Chiesa, Joseph F. Smith riteneva che Reed avrebbe dovuto mantenere l’apostolato e il seggio al Senato, fiducioso che avrebbe potuto fare più bene a Washington che in qualsiasi altro luogo. Il presidente Smith considerava l’indagine un’opportunità per aiutare le persone a capire meglio i Santi e le loro convinzioni.23

Dal momento che non aveva mai praticato il matrimonio plurimo, Reed non era preoccupato che la commissione indagasse nella sua vita personale. Era invece preoccupato per come la Chiesa se la sarebbe cavata durante l’audizione. Nello Utah, le voci su nuovi matrimoni plurimi abbondavano e i dubbi sull’impegno assunto dalla Chiesa ad abbandonare la pratica serpeggiavano nell’opinione pubblica sin dall’elezione di B. H. Roberts. Come dirigente della Chiesa, Reed avrebbe dovuto rispondere delle prassi della stessa. Sapeva che la commissione avrebbe indagato a fondo sui matrimoni plurimi avvenuti dopo l’emanazione del Manifesto. Inoltre, si aspettava che i senatori interrogassero lui e altri testimoni sul coinvolgimento politico della Chiesa e sulla lealtà dei santi nei confronti degli Stati Uniti.24

Se la commissione avesse dimostrato che la Chiesa promuoveva l’illegalità, Reed sarebbe stato privato del suo seggio e la reputazione dei Santi ne avrebbe sofferto.

Il 4 gennaio 1904, Reed sottopose alla commissione una smentita, respingendo ufficialmente le accuse mossegli dall’Associazione dei ministri. Sperava così che l’attenzione della commissione si sarebbe concentrata su di lui e sulla sua condotta. Tuttavia, quando una settimana dopo si incontrò con la commissione, fu chiaro che i senatori erano determinati a indagare sulla Chiesa. In particolare, erano impazienti di interrogare Joseph F. Smith e altre autorità generali sull’influenza politica che esercitavano sui Santi e sul proseguimento del matrimonio plurimo dopo il Manifesto.

“Senatore Smoot, lei non è sotto processo”, gli disse il presidente della commissione. “Intendiamo indagare sulla Chiesa mormone e vedremo se questi uomini obbediscono alla legge”25.


Il 25 febbraio 1904 la commissione del Senato citò in giudizio Joseph F. Smith perché testimoniasse alle audizioni nel caso Smoot. Due giorni dopo partì per Washington, DC, sicuro che la Chiesa potesse resistere all’imminente indagine. Tuttavia, Reed lo aveva messo in guardia che i senatori lo avrebbero interrogato su ogni aspetto della sua vita familiare e avrebbero preteso i dettagli dei suoi matrimoni plurimi. In quanto presidente della Chiesa, gli sarebbe anche stato chiesto del suo ruolo di profeta, veggente e rivelatore per i Santi. La commissione voleva sapere l’influenza che lui e le sue rivelazioni avrebbero avuto su Reed e sulle sue azioni in Senato.26

Il primo giorno dell’interrogatorio, il 2 marzo, la stanza della commissione era gremita di senatori, avvocati e testimoni. Erano presenti anche le componenti delle organizzazioni femminili che si erano opposte all’elezione di Reed. Su richiesta del presidente della commissione, il presidente Smith prese posto di fronte a lui attorno ad un tavolo lungo. I capelli grigi e la barba lunga erano pettinati con cura e indossava un cappotto nero semplice e degli occhiali bordati d’oro. Appuntato al bavero aveva un piccolo ritratto di suo padre, Hyrum Smith, morto martire.27

Robert Tayler, l’avvocato che rappresentava l’Associazione dei ministri, aprì l’inchiesta facendo domande sulla vita del presidente Smith. Rivolgendo l’attenzione alla rivelazione e all’influenza da essa esercitata sulle decisioni individuali dei membri della Chiesa, l’avvocato poi chiese al profeta di spiegare quando i membri della Chiesa potevano essere obbligati a obbedire alla rivelazione del suo presidente. Se fosse riuscito a fare in modo che il profeta ammettesse che tutti i membri dovevano obbedire alle sue rivelazioni, Tayler avrebbe potuto dimostrare che Reed Smoot non era davvero libero di fare le sue scelte in Senato.

“Nessuna rivelazione data mediante il capo della Chiesa diviene mai vincolante e perentoria”, gli disse il presidente Smith, “fino a quando non viene presentata alla Chiesa e accettata”.

“Intende dire”, chiese Tayler, “che la Chiesa, durante la conferenza, può dire a lei, Joseph F. Smith, il presidente della Chiesa, ‘Neghiamo che Dio le abbia detto di dirci questo’?”28.

“Possono farlo, se vogliono”, replicò il profeta. “Ogni uomo ha il diritto di avere la propria opinione e il proprio punto di vista e le proprie concezioni di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, purché non siano in conflitto con i principi basilari della Chiesa”29.

Ad esempio, fece notare che solo una percentuale di Santi aveva praticato il matrimonio plurimo. “Tutti gli altri membri della Chiesa si sono astenuti da quel principio e non ne hanno preso parte, e molte migliaia di loro non lo hanno mai ricevuto o non vi hanno mai creduto”, disse, “ma non sono stati allontanati dalla Chiesa”30.

“Lei riceve rivelazioni, giusto?”, chiese il presidente della commissione. Stava chiedendo quando una rivelazione ricevuta dal profeta del Signore venisse considerata una dottrina fondamentale della Chiesa, qualcosa che un santo degli ultimi giorni fedele come Reed Smoot si sarebbe sentito obbligato a rispettare.

Il presidente Smith scelse le parole con cautela. Spesso aveva ricevuto rivelazioni personali mediante lo Spirito Santo. In quanto profeta, aveva anche ricevuto guida ispirata per i Santi. Tuttavia, non aveva mai ricevuto una rivelazione per tutta la Chiesa tramite la voce del Signore stesso, quel tipo di rivelazione che si trova in Dottrina e Alleanze.

“Non ho mai detto di aver ricevuto rivelazione”, disse al presidente, “eccetto nella misura in cui Dio mi ha mostrato che il così detto ‘mormonismo’ è la verità divina di Dio. Questo è tutto”31.


Il presidente Smith continuò a rispondere alle domande finché la commissione si aggiornò nel tardo pomeriggio. Il giorno seguente, quando l’audizione riprese, la commissione concentrò sempre più le domande sul matrimonio plurimo e sul Manifesto. Sebbene cercasse di rispondere accuratamente alle loro domande, il presidente Smith evitò di rivelare che lui e altri dirigenti della Chiesa fossero a conoscenza di nuovi matrimoni plurimi. Sapeva che il Congresso avrebbe condannato lui e la Chiesa se questa informazione fosse trapelata durante l’indagine.32

Inoltre, le sue risposte prudenti alle domande della commissione si basavano sulla consapevolezza che i santi che praticavano il matrimonio plurimo dopo il Manifesto lo facevano a loro rischio e pericolo. Per questo motivo, credeva che il Manifesto non vietasse a lui e alle sue mogli, o a qualsiasi altra coppia plurima, di continuare con discrezione a onorare le proprie alleanze sacre del matrimonio nel tempio.33

Quando Robert Tayler gli chiese se pensasse che fosse sbagliato continuare a vivere con una moglie plurima, il presidente Smith rispose: “È contrario alle regole della Chiesa ed è altresì contrario alle leggi del paese”. Poi però parlò apertamente del suo rifiuto ad abbandonare la sua grande famiglia plurima. “Ho coabitato con le mie mogli”, disse. “Dal 1890 mi hanno generato dei figli”34.

“Visto che questa è una violazione della legge”, disse Tayler, “perché lo ha fatto?”.

“Ho preferito affrontare le punizioni imposte dalla legge che abbandonare la mia famiglia”, rispose il profeta.35

Nel tentativo di scoprire il nome degli uomini che avevano sposato mogli plurime dopo il Manifesto, i senatori gli chiesero di parlare dei matrimoni degli apostoli e di alcuni altri membri della Chiesa. Il presidente della commissione, inoltre, chiese al presidente Smith se lui avesse celebrato matrimoni plurimi dopo l’emanazione del Manifesto.

“No signore, non ne ho mai celebrati”, replicò il profeta. Poi fece seguire alla sua risposta una dichiarazione formulata con attenzione intesa a evitare ulteriori indagini. “Non sono stati celebrati matrimoni plurimi da La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, né con il consenso della stessa, o di cui essa sia a conoscenza”, disse.

“Dall’emanazione del Manifesto?”, chiese un senatore.

“Certamente, è quello che voglio dire”, chiarì il presidente Smith. Nel fare quell’affermazione, egli non negava l’esistenza di matrimoni plurimi avvenuti dopo il Manifesto. Piuttosto, voleva fare una distinzione sottile tra le pratiche approvate dalla Chiesa e dai suoi consigli e quelle seguite dai singoli membri della Chiesa secondo la loro coscienza. Invero, i Santi avevano sostenuto il Manifesto nel 1890, perciò i matrimoni plurimi celebrati dai dirigenti della Chiesa erano avvenuti senza il consenso della Chiesa nel suo complesso.

“Se un apostolo della Chiesa avesse celebrato una tale cerimonia”, chiese un altro senatore, “considererebbe la cosa fatta con l’autorità della sua Chiesa?”.

“Se un apostolo o qualsiasi altro uomo arrogandosene l’autorità facesse una cosa del genere”, disse il presidente Smith, “non solo sarebbe soggetto ad azione penale, a una multa salata e alla prigione nello Stato secondo le leggi dello Stato, ma sarebbe anche soggetto alla disciplina della Chiesa e alla scomunica da essa da parte dei tribunali preposti della Chiesa”36.


Terminata la testimonianza, che durò cinque giorni, il presidente Smith sentì di aver seguito la guida divina mentre era seduto al banco dei testimoni. “Credo fermamente che il Signore abbia fatto il meglio che poteva con gli strumenti a Sua disposizione”37, affermò.

Eppure, la sua testimonianza scatenò le proteste della nazione quando fu pubblicata dai giornali. Le persone di tutti gli Stati Uniti rimasero sconvolte nell’apprendere che il presidente Smith viveva ancora con le sue cinque mogli. Mettevano anche in dubbio la sua credibilità e sincerità come testimone e condannarono i dirigenti della Chiesa definendoli bugiardi e criminali.38

“Un’ondata di avversione pubblica si sta riversando ora sulla nostra comunità”, confidò il segretario della Prima Presidenza a un amico, “e l’unica cosa che sentiamo di poter fare ora è allacciare il colletto del cappotto, voltare le spalle alla tempesta e attendere con pazienza”39.

Mentre a Washington, DC, l’audizione in Senato continuava, il profeta fece ritorno a Salt Lake City, determinato a compiere i passi necessari per ristabilire la fiducia in lui e nella Chiesa. Aveva assicurato alla commissione che i funzionari della Chiesa avrebbero sottoposto a disciplina i santi che avessero celebrato matrimoni plurimi in violazione del Manifesto. Ora era vincolato a fornire al Senato prove più consistenti che lui e i Santi erano seri in merito al fatto di porre fine a nuovi matrimoni plurimi.40

Il 6 aprile 1904, l’ultimo giorno della Conferenza generale, in piedi al pulpito del Tabernacolo, lesse una nuova dichiarazione ufficiale sul matrimonio plurimo nella Chiesa. “Dal momento che circolano molte voci secondo cui sono stati celebrati dei matrimoni plurimi, in violazione della dichiarazione ufficiale del presidente Woodruff”, disse, “con la presente annuncio che tali matrimoni sono proibiti”.

La dichiarazione non condannava le circa duecento coppie che avevano contratto matrimoni plurimi dopo il Manifesto né condannava coloro che, da quel momento, avevano continuato a vivere con le loro famiglie plurime. Tuttavia, dichiarava che da allora in poi i nuovi matrimoni plurimi erano proibiti, anche al di fuori dei confini degli Stati Uniti. “Qualora qualsiasi funzionario o membro della Chiesa dovesse arrogarsi l’autorità di solennizzare o contrarre un matrimonio di questa sorta, sarà ritenuto in trasgressione contro la Chiesa”, disse il presidente Smith, “e sarà passibile di essere trattato secondo le regole e i regolamenti della stessa e scomunicato da essa”41.

Dopo aver letto la dichiarazione, che divenne nota con il nome di Secondo Manifesto, il presidente Smith esortò i Santi a essere uniti nel sostenere questa nuova dichiarazione e nel riacquistarsi la fiducia del governo. Mentre il Manifesto aveva rivelato che alla Chiesa non era più comandato di praticare il matrimonio plurimo, questa nuova dichiarazione si prefiggeva di porre fine ai nuovi matrimoni plurimi da quel momento in poi.42 Sperava che questo avrebbe messo a tacere le affermazioni secondo cui i membri della Chiesa non fossero cittadini rispettosi della legge.

“Oggi voglio vedere”, disse, “se i santi degli ultimi giorni che rappresentano la Chiesa in questa assemblea solenne non dimostreranno con il loro voto la falsità di tali affermazioni”.

All’unanimità, i santi presenti nel Tabernacolo alzarono il braccio a squadra e sostennero le sue parole.43