Iniziammo a scarrocciare a dritta
Una sera, dopo essere salpati da poco da Pearl Harbor, ero l’ufficiale di servizio su un cacciatorpediniere della Marina Americana, che faceva rotta verso il Pacifico settentrionale. Dopo cena mi ritirai in cuccetta per dormire un po’ prima di montare in servizio e, mentre mi stavo per addormentare, avvertii il rollio della nave. Più tardi, quando diedi il cambio all’ufficiale di vedetta, il rollio era più marcato e, uscendo nell’oscurità sul ponte scoperto, avvertii la morsa del vento.
Il Pacifico settentrionale durante l’inverno può essere molto agitato e, quella notte, le onde erano abbastanza grandi da permettere al vento di iniziare a far presa sulle creste e a formare strisce bianche di schiuma.
Dissi: «Sono pronto per darle il cambio, signore».
Il volto dell’ufficiale di servizio rifletteva il bagliore della bussola ed egli mi riferì la rotta e la velocità dell’imbarcazione. Aggiunse che il comandante si era ritirato per la notte, poi disse: «Il barometro nell’ultima ora è precipitato di tre centesimi». Ciò significava burrasca in arrivo.
Chiesi: «Il capitano lo sa?»
«Sì, ma non ha lasciato nessuna disposizione particolare».
Chiuse dietro di sé la porta della plancia e io mi ritrovai da solo a scrutare il mare minaccioso.
Quando le navi affrontano delle tempeste, è compito dell’ufficiale di rotta mantenere la prua controvento con velocità sufficiente per governarla. Se le onde colpiscono un fianco provocano un forte rollio, che può causare feriti tra l’equipaggio e persino il capovolgimento del natante.
Passata un’ora, le onde erano diventate montagne, il vento ululava e scrosci d’acqua si riversavano in aria dalle creste delle onde enormi. Il caccia saliva sul fronte dell’onda in arrivo, raggiungeva la cresta, rimaneva per un momento sospeso, poi scivolava velocemente sulla parte posteriore della stessa, tuffandosi nel ventre e riemergendo con l’acqua che spazzava il ponte, mentre al contempo beccheggiava e vibrava. Per stabilizzare la barca dovetti ridurre la velocità.
Con il peggiorare delle condizioni, venni a sapere che il barometro era sceso di altri cinque centesimi. Telefonai al comandante per fare rapporto sulle condizioni in continuo peggioramento. Egli rispose semplicemente: «Molto bene», e riagganciò.
Poco dopo il timoniere mi chiamò: «C’è un problema, signore. Stiamo scarrocciando a dritta!» Controllai subito la bussola e scoprii che la prua si muoveva gradatamente verso il ventre delle onde. Se ciò fosse continuato, avremmo potuto ritrovarci in una posizione pericolosa, dando il fianco alle onde. Ordinai al timoniere di fare la debita correzione, ma ben presto l’ago indicò che la nave stava scarrocciando di nuovo. Il timoniere tentò nuovamente di correggere la rotta, ma la barca rispondeva poco.
Le condizioni erano in continuo peggioramento. Il vento era giunto a soffiare a circa cento nodi, le onde erano alte quindici metri e la prora del caccia continuava a scadere sempre più verso il ventre delle onde. Dentro di me iniziai a temere, poiché sapevo che se una di quelle onde ci avesse colpito sul fianco, avremmo veramente rischiato di rovesciarci. Telefonai al comandante, che era sveglio poiché i movimenti della nave resero impossibile dormire. Anche lui era preoccupato. Non mi diede nessun consiglio, se non di fare del mio meglio.
Il timoniere m’informò con voce impaurita che aveva fatto tutto quanto poteva, però la prua stava ancora scadendo a dritta. Ero completamente disperato e la paura si stava trasformando in panico mentre continuavo la mia ricerca disperata di una soluzione. I pensieri peggiori invasero la mia mente. Mi sentii impotente e completamente avvilito.
Come un bambino, invocai l’unico Essere che potesse aiutarmi: il mio Padre celeste. La risposta alla mia ardente supplica fu chiara e immediata. Una voce nella mia mente disse: «Serviti dei motori. Usa le macchine in contrapposizione». Compresi immediatamente.
Ordinai: «Motore di dritta avanti di due terzi. Motore di sinistra avanti di un terzo». Lentamente la prua dell’imbarcazione rispose togliendosi dall’incombente ventre. Quando il caccia puntò di nuovo verso le onde, mi avvolse un profondo senso di gratitudine. La tempesta continuò, ma io fui in grado di mantenere la barca in direzione, aumentando la potenza di un motore e diminuendo quella dell’altro.
Una persona scettica potrebbe affermare che io avevo sempre avuto la soluzione nella mente, ma io la vedo diversamente: essa giunse in risposta a una preghiera.
Archie D. Smith è membro del Rione di Edgemont 4, Palo Edgemont di Provo, Utah.