“Con intento reale”, Santi – La storia della Chiesa di Gesù Cristo negli ultimi giorni, volume 3, Risolutezza, nobiltà e indipendenza, 1893–1955 (2022)
Capitolo 37: “Con intento reale”
Capitolo 37
Con intento reale
Nel marzo 1953, la ventunenne Inge Lehmann uscì dalla soglia di casa nell’aria fredda di Bernburg, nella RDT. Sapeva che i suoi genitori non approvavano dove si stava dirigendo. Unirsi a una nuova Chiesa era già di per sé una cosa negativa, ma entrare nelle acque gelide del fiume Saale? Inge era ancora debole per i postumi di un attacco di tubercolosi e i suoi genitori temevano per la sua salute.
Lei, però, non poté essere dissuasa. Erano anni che frequentava i santi degli ultimi giorni del Ramo di Bernburg. Finalmente era giunto il momento di essere battezzata.
Il crepuscolo stava lasciando spazio alla sera quando Inge si riunì con il piccolo gruppo che si stava preparando per la cerimonia battesimale. Riconobbe uno di loro: Henry Burkhardt, un missionario che aveva servito nel Ramo di Bernburg un paio di anni prima. Henry lasciava il segno praticamente su tutte le persone che incontrava, ma Inge non era ancora riuscita a conoscerlo.1
Da quando aveva ricevuto la sua nuova chiamata nella presidenza della missione, Henry era diventato una persona sospetta per la Stasi, la polizia segreta della RDT. Anche se il governo della Germania Est aveva riconosciuto ufficialmente la Chiesa, i funzionari insistevano sul fatto che Henry smettesse di usare il nome “Missione tedesca orientale” e interrompesse tutte le attività di proselitismo. Henry acconsentì a tali richieste ma, dato che faceva spesso la spola tra la Germania Est e la Germania Ovest per comunicare con i dirigenti della Chiesa, il governo continuava comunque a tenerlo d’occhio. La Stasi lo aveva già sospettato di spionaggio e lo aveva etichettato “nemico dello stato”.2
Anche una delle amiche di Inge, una giovane donna di nome Erika Just, si sarebbe battezzata quella sera. Inge ed Erika erano vicine. Nei difficili anni successivi alla Seconda guerra mondiale, diverse persone del loro quartiere si erano mostrate interessate alla Chiesa. Tuttavia, con il passare del tempo e venendo meno nelle persone la necessità urgente del cibo e delle provviste fornite dalla Chiesa, molte avevano smesso di frequentarla. Inge ed Erika facevano parte di un gruppetto di giovani che erano rimasti, rafforzando il loro legame alle attività infrasettimanali dell’AMM e alle riunioni sacramentali della domenica sera.
La luce calante del sole scomparve del tutto quando il gruppo giunse sulle rive del Saale. Le nuvole oscuravano la luna e qua e là dei blocchi di ghiaccio interrompevano la superficie scura del fiume. Un missionario tedesco, Wolfgang Süss, entrò nell’acqua. Quando il primo dei cinque candidati al battesimo entrò dopo di lui, la luna emerse da dietro le nuvole. I suoi riflessi brillavano sulla superficie del fiume come a segnalare l’approvazione di Dio. Sulla riva del fiume alcune persone aspettavano, pronte ad avvolgere in una coperta ogni nuovo membro della Chiesa.3
Dopo poco, Inge entrò nel fiume. Quando l’anziano Süss la fece uscire dall’acqua, era una nuova persona.
Dopo i battesimi, il gruppetto tornò alla casa di riunione del ramo, un negozio di cappelli che era stato ristrutturato per poter ospitare le riunioni sacramentali e le lezioni della Scuola Domenicale. Quando arrivò il turno di Inge di essere confermata membro della Chiesa e di ricevere lo Spirito Santo, Henry Burkhardt pose le mani sulla testa di lei e pronunciò le parole della benedizione.
Henry non aveva fatto particolarmente caso a Inge durante il periodo in cui aveva servito nel suo ramo. Alcuni giorni dopo, però, scrisse qualcosa su di lei nel proprio diario.
Riportò che quella sera cinque persone avevano stipulato alleanze con il loro Padre Celeste. “Le conoscevo tutte in qualche misura grazie all’opera che avevo svolto a Bernburg”, scrisse. “Nutro particolare fiducia in Inge Lehmann”4.
Più avanti, quell’anno — nell’autunno del 1953 — la trentaseienne Nan Hunter cominciava ogni giorno della settimana allo stesso modo. Alle sei in punto, ogni mattina, era nella casa di riunione del suo rione a San Diego, in California, come insegnante del Seminario per circa venticinque adolescenti. Vista dall’esterno, Nan era loquace e sicura di sé. Dentro si sentiva vacillante. Teneva un corso sul Libro di Mormon e non era sicura che il libro fosse vero.5
Nan, una madre con dei figli alle superiori, si era mostrata entusiasta quando il programma del Seminario di primo mattino era stato avviato per la prima volta. Dalla fine della guerra, la Chiesa negli Stati Uniti occidentali era sbocciata. Il conflitto aveva dato agli americani una nuova prospettiva sul valore della famiglia e della fede e in California i Santi, molti dei quali provenienti dallo Utah, volevano che i propri figli beneficiassero di tutti i programmi della Chiesa. Nell’aprile del 1950, dieci pali della California meridionale avevano chiesto al Consiglio della Chiesa per l’Educazione di aiutarli ad avviare un programma di Seminario per gli studenti delle superiori della loro zona. Ray Jones, un insegnante del Seminario a Logan, nello Utah, aveva accettato di trasferirsi a Los Angeles e di avviare il programma.
Gli studenti di Ray nello Utah frequentavano il Seminario durante il giorno in un edificio vicino alla loro scuola. In California, dove c’erano meno Santi che abitavano gli uni vicino agli altri, una simile organizzazione era impraticabile. Dopo aver svolto un’indagine tra i genitori e i dirigenti della Chiesa, Ray aveva scoperto che l’unico momento in cui si sarebbe potuto tenere il Seminario era prima della scuola. I santi locali avrebbero dovuto tenere la maggior parte delle lezioni, dato che la Chiesa non poteva assumere molti insegnanti del Seminario a tempo pieno in California.
“Non funzionerà mai!”, avevano predetto alcuni genitori, sicuri del fatto che i loro figli non si sarebbero svegliati prima dell’alba per partecipare a un corso di religione nel loro edificio della Chiesa. E invece il Seminario di primo mattino prosperò nella California meridionale. Dopo soli tre anni, più di millecinquecento studenti erano iscritti in cinquantasette classi.6
Per quanto fosse entusiasta del programma di Seminario di primo mattino, Nan non era rimasta contenta quando David Milne, un consigliere del vescovato, l’aveva invitata a tenere il corso.
“Non posso proprio farcela”, aveva risposto. Il Seminario le era piaciuto quando era una giovane donna cresciuta nello Utah centrale, ma non aveva alcuna preparazione formale né un’istruzione universitaria.7
David le chiese di parlare con Ray Jones, il quale suggerì che parlasse con William Berrett, vice presidente del Dipartimento della Chiesa per l’educazione. William la rassicurò dicendole che era davvero devota e qualificata, proprio la persona che stavano cercando per insegnare il Libro di Mormon.
“Quella cosa noiosa?”, disse Nan, sorpresa. “Non esiste che io lo insegni. Non ho neppure finito di leggerlo perché rimango sempre bloccata in Isaia”.
William la guardò negli occhi. “Sorella Hunter, vorrei farle una promessa. Se leggerà il libro con intento reale e se pregherà al riguardo mentre lo legge, allora le assicuro che otterrà una testimonianza di questo libro”. Le garantì che sarebbe diventata la sua opera canonica preferita da insegnare, e alla fine Nan acconsentì a provare.8
Nan teneva le lezioni nella stanza della Società di Soccorso, dove aveva a disposizione un pianoforte e una lavagna. Ben presto i giovani cominciarono a portare i loro amici che non erano membri della Chiesa. Nan amava l’entusiasmo e la testimonianza dei suoi studenti, ma sentiva il fardello di non sapere con certezza se il Libro di Mormon fosse Scrittura. Come poteva rendere testimonianza di verità che lei stessa non conosceva?
Ogni sera pregava riguardo al libro, proprio come aveva suggerito William Berrett, ma non era arrivata nessuna risposta. Poi, una sera decise di non poter andare avanti come aveva fatto fino ad allora. Doveva sapere. Passò direttamente a leggere 3 Nefi e poi si inginocchiò accanto al letto. “Questo libro è proprio vero, Padre?”, chiese. “Vuoi davvero che io insegni a questi ragazzi?”.
Un glorioso sentimento celeste scese su di lei, come se qualcuno la stesse abbracciando. “Sì, è vero”, sussurrò una voce calma e sommessa.
Dopo quell’esperienza, Nan diventò una persona diversa. All’inizio dell’anno scolastico aveva fatto un test sul Libro di Mormon e aveva ottenuto un punteggio di 25/100. Alla fine dell’anno fece un altro test e ottenne un punteggio di 98/100. Per allora, sei persone che avevano frequentato la sua classe da non membri si erano unite alla Chiesa.9
Nel frattempo, a Salt Lake City, il quarantatreenne Gordon B. Hinckley raramente aveva un attimo di riposo. Aveva trascorso la maggior parte della sua vita lavorativa come dipendente della Chiesa, avendo iniziato la sua carriera come segretario esecutivo del Comitato della Chiesa per la radio, la pubblicità e le pubblicazioni missionarie. Negli ultimi due anni aveva servito come segretario esecutivo del Comitato missionario della Chiesa. Ora era coinvolto in pressoché ogni aspetto degli sforzi della Chiesa per diffondere il Vangelo, dall’addestramento dei missionari alle relazioni pubbliche, e faceva fatica a non portarsi il lavoro a casa dall’ufficio.10
La moglie di Gordon, Marjorie, era in attesa del loro quinto figlio, ma quando tornava a casa dalla sua famiglia Gordon riusciva a malapena a vederli prima che il telefono iniziasse a squillare. A volte la telefonata riguardava un missionario che aveva nostalgia di casa dall’altra parte del mondo. Altre volte era qualcuno che era arrabbiato per la direttiva della Chiesa sulle chiamate in missione e la leva militare.11
Anche se da poco un armistizio aveva posto fine alla guerra tra Corea del Nord e Corea del Sud, gli Stati Uniti continuavano ad arruolare giovani in età missionaria. La Chiesa adattò la propria direttiva in vigore in tempo di guerra così che alcuni giovani potessero ottenere un rinvio del servizio militare e svolgere una missione. Questa possibilità non era tuttavia garantita, il che suscitava qualche delusione e amarezza. Ciò nonostante, per i giovani che venivano arruolati c’erano spesso opportunità di condividere il Vangelo nelle nazioni in cui erano di stanza. Ad esempio, a Seoul, in Corea del Sud, i soldati santi degli ultimi giorni si incontravano spesso con un piccolo gruppo di santi coreani, molti dei quali erano profughi che avevano conosciuto il vangelo restaurato dopo la guerra tramite soldati americani.12
Nell’ottobre del 1953 il presidente David O. McKay chiese di parlare con Gordon riguardo all’assumersi un’altra responsabilità. “Come sai, costruiremo un tempio in Svizzera”, disse. “Voglio che trovi un modo per presentare le istruzioni del tempio nelle varie lingue europee utilizzando il minor numero possibile di lavoranti del tempio”13.
I templi in Europa sarebbero stati diversi da tutti gli altri. In ognuno degli otto templi della Chiesa in funzione, diversi lavoranti alle ordinanze appositamente istruiti guidavano i partecipanti attraverso una serie di sale decorate con affreschi raffiguranti le fasi del piano di salvezza. Tuttavia, dato che i santi europei erano sparpagliati sul continente, sarebbe stato difficile trovare lavoranti alle ordinanze, di conseguenza la Prima Presidenza voleva usare le tecnologie moderne per ridurre il numero di lavoranti alle ordinanze e lo spazio necessario per l’investitura.14
“Tu hai avuto una vasta esperienza nella preparazione di film e di materiale di quel genere”, disse il presidente McKay a Gordon. “Sto mettendo sulle tue spalle la responsabilità di trovare un modo per farlo”. Gordon avrebbe dovuto cominciare subito. Il Tempio svizzero sarebbe stato ultimato in meno di due anni.
“Ebbene, presidente”, disse Gordon, “faremo il possibile”15.
All’inizio dell’anno seguente, il presidente McKay lasciò nuovamente gli Stati Uniti insieme a Emma Ray per far visita ai Santi in Europa, Sudafrica e Sud America. Il suo primo viaggio nelle missioni della Chiesa in tutto il mondo, effettuato nel 1920–1921 insieme a Hugh Cannon, gli aveva aperto gli occhi sulle necessità e sulle preoccupazioni dei Santi nel mondo. Ora, mentre si apprestava a intraprendere questo nuovo viaggio, era particolarmente preoccupato riguardo alla Missione sudafricana. Anche se nel paese la Chiesa era presente da oltre cento anni, affrontava una carenza di dirigenti a causa della restrizione che impediva alle persone con antenati neri africani di detenere il sacerdozio e di ricevere le ordinanze del tempio.
Le restrizioni avevano sempre presentato delle sfide particolari in Sudafrica, dove i missionari spesso incontravano uomini che non erano sicuri o non sapevano di avere oppure no origini miste africane ed europee, sollevando dubbi sulla loro idoneità a essere ordinati al sacerdozio. Alla fine, la Prima Presidenza richiese a tutti i detentori del sacerdozio potenziali nel paese di confermare la loro idoneità dando prova che i loro primi antenati sudafricani erano emigrati in Africa invece che essere originari del continente.16
Questa procedura richiedeva molto tempo e spesso era frustrante. Alcuni dirigenti di ramo o distretto potenziali appartenevano a famiglie che si trovavano in Sudafrica da prima che fossero tenuti dei buoni registri genealogici. Altri spendevano somme ingenti di denaro per svolgere ricerche nelle loro linee genealogiche per poi trovarsi bloccati nella loro ricerca. Di conseguenza, il presidente di missione LeRoy Duncan aveva deciso di chiamare dei missionari a dirigere le congregazioni in cui gli uomini degni non potevano dimostrare la propria discendenza.
“Negli ultimi cinque anni sono stati ordinati al Sacerdozio di Melchisedec soltanto cinque uomini”, scrisse LeRoy alla Prima Presidenza. “L’opera progredirebbe più rapidamente se un numero maggiore dei nostri fratelli buoni e fedeli potesse detenere il sacerdozio”17.
Il presidente McKay sperava di affrontare direttamente il problema al suo arrivo in Sudafrica, ma era anche consapevole delle acute divisioni razziali nel paese. Il Sudafrica era governato dalla sua popolazione bianca minoritaria, che aveva da poco cominciato ad approvare leggi oppressive allo scopo di trattare i residenti neri e “di colore” (o di razza mista) come cittadini di serie b, del tutto separati dai bianchi.
Questo sistema legislativo, noto come apartheid, aveva reso la rigida segregazione razziale un elemento centrale della società sudafricana. Mentre rifletteva sul problema, il presidente McKay doveva tenere presente la prassi della Chiesa di operare nel rispetto delle leggi vigenti di una nazione. Era anche consapevole che persino un cambiamento ispirato alle restrizioni riguardanti il sacerdozio e il tempio avrebbe potuto attirare le ire dei membri della Chiesa bianchi e di altri al di fuori della Chiesa.18
I McKay arrivarono in Sudafrica nel gennaio del 1954 e trascorsero i giorni successivi a incontrare i Santi in tutto il paese. Il presidente McKay dedicò del tempo a parlare con quante più persone possibile, particolarmente chi sembrava timido o ai margini.19 A Città del Capo strinse la mano a Clara Daniels e a sua figlia, Alice, che anni prima erano state fondatrici del Ramo dell’Amore. William Daniels, marito di Clara e presidente del ramo, era morto nel 1936. Da allora Clara e Alice, che erano tra i pochi santi di razza mista in Sudafrica, avevano perseverato con fedeltà.20
Durante i suoi viaggi, il presidente McKay pregava sinceramente per sapere come approcciare le restrizioni riguardanti il sacerdozio all’interno del paese. Osservava attentamente i Santi e meditava sulle difficoltà che affrontavano. Era consapevole che se la Chiesa avesse continuato a richiedere ai potenziali detentori del sacerdozio in Sudafrica di far risalire la propria genealogia al di fuori del continente, allora i rami avrebbero potuto non avere abbastanza dirigenti locali per portare avanti l’opera della Chiesa.21
Domenica 17 gennaio parlò delle restrizioni riguardanti il sacerdozio e il tempio a una riunione missionaria a Città del Capo. Pur non offrendo alcuna dichiarazione definitiva sull’origine della pratica, riconobbe il fatto che diversi uomini con la pelle nera avevano detenuto il sacerdozio durante le presidenze di Joseph Smith e Brigham Young. Parlò anche della sua difficoltà, in passato, nel sostenere le restrizioni durante il suo viaggio in giro per il mondo nel 1921, raccontando dell’occasione in cui aveva presentato al presidente Grant una richiesta a nome di un santo delle Hawaii con la pelle nera che voleva ricevere il sacerdozio.
“Mi sono seduto e ho parlato al fratello”, disse il presidente McKay ai missionari, “e gli ho assicurato che un giorno riceverà ogni benedizione a cui ha diritto, poiché il Signore è giusto e imparziale”.
Il presidente McKay non sapeva quando sarebbe arrivato quel giorno e affermò che la restrizione sarebbe rimasta in vigore fino a quando il Signore avesse rivelato altrimenti. Ciò nonostante, sentiva che qualcosa doveva cambiare.
“Nella Missione del Sudafrica ci sono uomini degni che vengono privati del sacerdozio semplicemente perché non sono in grado di far risalire la propria genealogia al di fuori di questo paese”, affermò. “Sento che stanno subendo un’ingiustizia”. Da quel momento in poi, dichiarò, i Santi le cui origini erano dubbie non avrebbero più dovuto fornire prova della loro discendenza per poter ricevere il sacerdozio.22
Prima di lasciare il Sudafrica, il presidente McKay ribadì che sarebbe arrivato il giorno in cui le persone con antenati neri africani avrebbero ricevuto ogni benedizione del sacerdozio. Persone con la pelle nera di altri paesi stavano già mostrando grande interesse nel vangelo restaurato. Alcuni anni prima, diversi cittadini della Nigeria, una nazione dell’Africa occidentale, avevano scritto alla sede centrale della Chiesa per avere informazioni. Altre richieste sarebbero giunte di lì a poco.23
Contemporaneamente, molte persone nere in tutto il mondo stavano cercando di ottenere la parità, spesso mettendo in discussione la legalità della segregazione. A mano a mano che le loro azioni si ripercuotevano sulla società, sempre più persone ponevano ai dirigenti della Chiesa domande sincere in merito alle restrizioni.24
Più avanti, quell’anno, nella Repubblica Democratica Tedesca, una piccola nave a vapore risaliva pigramente il fiume Elba rilasciando una sottile scia bianca che si innalzava dall’unica ciminiera del vascello. Sul fianco della nave c’era scritta una sola parola: Einheit – unità.
A bordo della nave, Henry Burkhardt salutò altri Santi provenienti da tutta la RDT che si erano riuniti per una conferenza delle Associazioni di mutuo miglioramento. Anche se Henry aveva all’incirca la stessa età di molti dei giovani adulti tra la folla, in veste di dirigente della Chiesa nella RDT egli stava supervisionando l’evento piuttosto che semplicemente goderselo.25
La gita panoramica in barca era solo una delle molte attività previste per i circa cinquecento giovani adulti presenti alla conferenza. Sin dagli anni ’30, le missioni di tutto il mondo avevano tenuto conferenze dell’AMM per contribuire a rafforzare la fede e incoraggiare il corteggiamento e il matrimonio all’interno della Chiesa. Negli ultimi tempi, tuttavia, la polizia della Germania Est aveva cominciato a proibire ai gruppi della Chiesa di tenere qualunque attività ricreativa, come ad esempio giochi con la palla o escursioni. Tali restrizioni rendevano difficile essere un membro della Chiesa nella RDT e molti santi tedeschi dell’est erano già fuggiti in Germania Ovest o negli Stati Uniti. Henry conosceva molti giovani che sognavano di emigrare, ma sperava che attività come quella avrebbero incoraggiato alcuni di loro a rimanere, assicurando la presenza continuativa della Chiesa nel paese.26
La nave a vapore continuava a risalire il fiume, passando accanto a colline coperte di alberi e alte colonne di arenaria grigia. Tra la folla, Henry notò Inge Lehmann, la giovane che aveva confermato a Bernburg l’anno precedente. Da allora aveva visto Inge qualche altra volta e si erano parlati in occasione di un’attività dell’AMM a Pasqua.
Henry si sentiva spesso incapace di parlare e imbarazzato in presenza di ragazze. Quando era un missionario diciannovenne, ci si aspettava che si concentrasse sul suo lavoro. Ora che era ben avviato nelle sue nuove responsabilità ecclesiastiche, alcuni santi della missione avevano cominciato a chiedersi quando si sarebbe sposato e con chi.
Mentre parlava con Inge, Henry provò qualcosa di alquanto diverso dalla goffaggine provata in passato. Decise che voleva rivederla.27
Nel corso dei mesi successivi, Henry fece il possibile per far visita a Inge. Andava in giro per la missione guidando una vecchia Opel Olympia e, dato che le automobili erano rare nella RDT, ogni volta che passava con l’auto per il loro quartiere i santi degli ultimi giorni se ne accorgevano. I doveri di Henry nella missione lo tenevano impegnato, quindi aveva poche occasioni di vedere Inge. Malgrado ciò, non passò molto tempo prima che il loro rapporto sbocciasse.
Quando giunse l’inverno, Henry e Inge decisero di sposarsi. Durante le festività natalizie, i genitori di Inge invitarono Henry e i suoi genitori a casa loro a Bernburg per annunciarne il fidanzamento ufficiale. Anche se i Lehmann non erano stati contenti della decisione della figlia di unirsi alla Chiesa, il loro atteggiamento aveva cominciato a addolcirsi. Erano persino diventati amici di Henry.28
Mentre Henry e Inge celebravano il loro fidanzamento ufficiale, tuttavia, il loro futuro restava incerto. Il servizio di Henry nella Chiesa gli rendeva difficile guadagnarsi da vivere e lui si chiedeva come avrebbe potuto mantenere una famiglia. C’era anche la questione del matrimonio nel tempio, qualcosa che sia Henry sia Inge desideravano.
Con il Tempio svizzero a meno di un anno dal completamento, il loro sogno non era del tutto fuori portata. Tuttavia, non era così facile come risparmiare semplicemente il denaro per il viaggio. Le direttive che regolavano chi poteva viaggiare fuori della RDT stavano diventando più rigide. Henry e Inge sapevano che c’erano poche possibilità che il governo consentisse loro di lasciare insieme il paese.29