“Capitolo 53: Dottrina e Alleanze 133”, Dottrina e Alleanze – Manuale dello studente (2017)
“Capitolo 53”, Dottrina e Alleanze – Manuale dello studente
Capitolo 53
Dottrina e Alleanze 133
Introduzione e cronologia degli eventi
Dopo una conferenza tenuta dall’1 al 2 novembre 1831 a Hiram, nell’Ohio, in cui si discusse principalmente della pubblicazione del Libro dei Comandamenti, il profeta Joseph Smith ricevette la rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133. Questa rivelazione giunse in risposta a delle domande su questioni “che gli anziani desideravano conoscere relative alla predicazione del Vangelo agli abitanti della terra e riguardo al raduno [d’Israele]” (introduzione a DeA 133). In questa rivelazione il Signore comanda ai membri della Chiesa e a tutti i popoli di uscire “da Babilonia” e di andare “alla terra di Sion” (DeA 133:7, 9) in preparazione alla Sua seconda venuta. Egli rivela inoltre alcuni degli eventi che si verificheranno al tempo della Sua seconda venuta e del Suo regno millenario, e insegna che il Suo vangelo restaurato avrebbe preparato la terra per il Suo ritorno.
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1–2 novembre 1831Durante una conferenza della Chiesa tenuta a Hiram, nell’Ohio, Joseph Smith e un gruppo di anziani decidono di pubblicare in un volume intitolato “Libro dei Comandamenti” le rivelazioni ricevute fino a quel momento.
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1o novembre 1831Joseph Smith riceve la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 1, che il Signore chiama la “prefazione” al Libro dei Comandamenti.
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Inizio novembre 1831Joseph Smith riceve la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 67, nella quale il Signore rende testimonianza della veridicità del Libro dei Comandamenti.
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3 novembre 1831Viene ricevuta Dottrina e Alleanze 133.
Dottrina e Alleanze 133 – Approfondimento del contesto storico
Dall’1 al 2 novembre 1831, a Hiram, nell’Ohio, si tenne una conferenza della Chiesa. Fino ad allora il profeta Joseph Smith aveva ricevuto molte rivelazioni dal Signore e il tema principale della conferenza era la loro pubblicazione (vedere la sezione “Approfondimento del contesto storico” di Dottrina e Alleanze 1 in questo manuale). A quanto pare, il Profeta dettò la rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 il 3 novembre 1831, il giorno dopo la chiusura della conferenza. Un resoconto scritto in seguito da Joseph Smith descrive il contesto in cui fu ricevuta questa rivelazione: “A quel tempo vi erano molte cose che gli anziani desideravano conoscere relativamente alla predicazione del Vangelo agli abitanti della terra e riguardo al raduno; e allo scopo di camminare nella vera luce e di essere istruito dall’alto […] chiesi al Signore e ricevetti la seguente rivelazione che, per la sua importanza e distinzione, da allora è stata inserita nel libro di Dottrina e Alleanze come appendice” (Manuscript History of the Church, vol. A-1, pagina 166, josephsmithpapers.org).
Essendo stata concepita in origine come appendice al libro di Dottrina e Alleanze, questa sezione non è in ordine cronologico rispetto alle altre. Questa rivelazione e quella riportata in Dottrina e Alleanze 1, la quale “costituisce la prefazione del Signore alle dottrine, alle alleanze e ai comandamenti dati in questa dispensazione” (introduzione DeA 1), formano i due capi delle rivelazioni contenute in Dottrina e Alleanze. Nelle prime edizioni di Dottrina e Alleanze le rivelazioni date a Joseph Smith erano raggruppate tra quelle che erano concepite come la prefazione (DeA 1) e l’appendice (DeA 133).
L’anziano John A. Widtsoe (1872–1952) del Quorum dei Dodici Apostoli ha spiegato in che modo Dottrina e Alleanze 133 funge da appendice alle rivelazioni ricevute dal profeta Joseph Smith:
“L’‘appendice’ [Dottrina e Alleanze 133] completa l’introduzione [Dottrina e alleanze 1]. Insieme, le due sezioni racchiudono in compendio il contenuto del libro. […]
Un’appendice è qualcosa che, secondo l’autore, occorre aggiungere per ampliare ciò che è scritto nel libro, per enfatizzarlo, rafforzarlo o per spiegarne il contenuto in modo un po’ più esaustivo. L’appendice di origine divina, ovvero la sezione 133, assolve questa funzione” (The Message of Doctrine and Covenants, a cura di G. Homer Durham [1969], 17).
Anche il presidente Joseph Fielding Smith (1876–1972) ha parlato di Dottrina e Alleanze 133 e del suo collegamento con Dottrina e Alleanze 1: “Il tenore di questa sezione è molto simile a quello di [Dottrina e Alleanze 1]; in effetti, si tratta fondamentalmente di una continuazione dello stesso argomento” (Church History and Modern Revelation [1953], 1:263).
Dottrina e Alleanze 133:1–16
Il Signore comanda al Suo popolo di prepararsi per la Sua seconda venuta
Dottrina e Alleanze 133:1–2. “Il Signore […] verrà subitamente al suo tempio”
Parlando degli eventi che avverranno negli ultimi giorni, il profeta dell’Antico Testamento Malachia ha profetizzato: “Subito il Signore, che voi cercate, […] entrerà nel suo tempio” (Malachia 3:1). Nella rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 133 il Signore ha riaffermato questa profezia (vedere DeA 133:2). L’anziano Bruce R. McConkie (1915–1985) del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato che il “suo tempio” a cui si fa riferimento in questa profezia potrebbe riferirsi a diversi templi: “Questa improvvisa apparizione moderna nel tempio non si riferisce alla Sua apparizione nel giorno grande e spaventevole, poiché quell’avvenimento accadrà quando Egli porrà il piede sul Monte degli Olivi nel mezzo della grande guerra finale. L’apparizione nel tempio si compì, almeno in parte, con il Suo ritorno al Tempio di Kirtland il 3 aprile 1836; e con ogni probabilità Egli verrà ancora, all’improvviso, presso altri dei Suoi templi, in particolare quello che verrà eretto nella Contea di Jackson, nel Missouri” (Mormon Doctrine,2a ed. [1966], 693–694; vedere anche DeA 84:1–5; 97:15–16; 110:1–4).
Dottrina e Alleanze 133:2–3. “Egli metterà a nudo il suo santo braccio”
Quando nella rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 si descrive il Signore che “scenderà sul mondo con una maledizione per giudicare” (DeA 133:2), si fa riferimento alla seconda venuta di Gesù Cristo. Alla Sua seconda venuta il Salvatore riverserà i Suoi giudizi e la Sua giustizia non solo “su tutte le nazioni che dimenticano Dio”, ma anche “su tutti gli empi fra [i santi]” (DeA 133:2).
Ricorrendo al linguaggio figurato usato negli scritti del profeta Isaia, il Signore afferma che Egli “metterà a nudo il suo santo braccio agli occhi di tutte le nazioni” (DeA 133:3; vedere anche Isaia 52:10). Nelle Scritture il braccio può essere un simbolo di forza e potere. La frase “metterà a nudo il suo santo braccio” significa che Egli rivelerà la Sua forza e il Suo potere. Sebbene possa fare riferimento al potere e alla gloria che saranno manifestati al tempo della seconda venuta di Cristo, questa profezia potrebbe anche riferirsi alla grande opera del Signore di radunare Israele negli ultimi giorni in preparazione alla Sua seconda venuta. Nel Libro di Mormon, richiamando la profezia di Isaia riportata in Isaia 52:10, il profeta Nefi insegna che negli ultimi giorni “il Signore Iddio procederà a mettere a nudo il suo braccio agli occhi di tutte le nazioni, facendo avverare le sue alleanze e il suo Vangelo per quelli che sono del casato d’Israele” (1 Nefi 22:11; vedere 1 Nefi 22:8–11). Tramite la restaurazione del Vangelo il Signore porterà il Suo popolo “di nuovo fuori di schiavitù, ed essi saranno radunati nelle terre della loro eredità, e saranno portati fuori dall’oscurità e fuori dalle tenebre; ed essi sapranno che il Signore è il loro Salvatore e il loro Redentore, il Potente di Israele” (1 Nefi 22:12). Pertanto, grazie alla restaurazione e alla predicazione del Vangelo, “tutte le estremità della terra vedranno la salvezza del loro Dio” (DeA 133:3).
Dottrina e Alleanze 133:4. “Santificatevi; radunatevi […] sulla terra di Sion”
Il Signore ha comandato ai membri della Chiesa di prepararsi per la Sua seconda venuta: “Preparatevi, preparatevi, o popolo mio; santificatevi; radunatevi, o voi popolo della mia chiesa, sulla terra di Sion” (DeA 133:4). Santificarsi significa diventare “liberi dal peccato, puri e santi mediante l’Espiazione di Gesù Cristo (Mosè 6:59–60)” (Guida alle Scritture, “Santificazione”, scriptures.lds.org; vedere anche DeA 20:30–31). La santificazione è un processo che dura tutta la vita e che richiede fede in Gesù Cristo, pentimento e obbedienza alle leggi e alle ordinanze del Vangelo. Le Scritture insegnano che Sion può essere edificata solo tra coloro che si impegnano a santificarsi e a diventare “puri di cuore” (vedere DeA 97:21).
Parlando del nostro dovere di contribuire a radunare la dispersa Israele, il presidente Russell M. Nelson del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato:
“La scelta di venire a Cristo non è una questione di ubicazione fisica, bensì d’impegno individuale. Gli uomini possono essere ‘portati alla conoscenza del Signore’ [3 Nefi 20:13] senza che lascino la terra natia. È vero che agli albori della Chiesa la conversione spesso implicava anche la migrazione, ma ora il raduno avviene in ogni nazione. Il Signore ha decretato di rendere stabile Sion [vedere DeA 6:6; 11:6; 12:6; 14:6] in ogni reame in cui Egli ha dato ai Suoi santi nascita e nazionalità. Le Scritture predicono che gli uomini ‘saranno radunati in patria, nelle terre della loro eredità, e saranno stabiliti in tutte le loro terre di promessa’ [2 Nefi 9:2]. ‘Ogni nazione è un luogo di raduno per il proprio popolo’ [Bruce R. McConkie, Conference Report, conferenza del 1972 dell’Area di Città del Messico, 45]. Il luogo di raduno per i santi brasiliani è il Brasile; il luogo di raduno per i santi nigeriani è la Nigeria; il luogo di raduno per i santi coreani è la Corea, e così via. Sion è ‘la pura di cuore’ [DeA 97:21]. Sion è ovunque ci sono santi retti. Ora le pubblicazioni, le comunicazioni e le congregazioni sono tali che quasi tutti i fedeli hanno accesso alla dottrina, alle chiavi, alle ordinanze, alle benedizioni evangeliche, a prescindere da dove vivano.
La sicurezza spirituale dipenderà sempre da come una persona vive, non da dove vive. I santi di tutta la terra possono rivendicare le stesse benedizioni al Signore” (“Il raduno della dispersa Israele”, Liahona, novembre 2006, 81).
Dottrina e Alleanze 133:5–14. “Uscite da Babilonia”
Nella rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 il Signore allude al ritorno degli antichi giudei dalla cattività babilonese narrato nell’Antico Testamento, quando comanda ai membri della Chiesa: “Uscite di fra le nazioni, sì, da Babilonia, di mezzo alla malvagità, che è la Babilonia spirituale” (DeA 133:14; vedere anche DeA 1:16). In Dottrina e Alleanze 133 Babilonia simboleggia la malvagità del mondo. Il Signore inoltre comanda agli “anziani della [Sua] chiesa” di levare in modo simile una voce d’avvertimento “alle nazioni che sono lontane, alle isole del mare; […] nei paesi stranieri” (DeA 133:8). Nella rivelazione il Signore comanda a questi anziani di proclamare a tutti i popoli: “Radunatevi di fra le nazioni” e “andate alla terra di Sion” (DeA 133:7, 9). Parlando di ciò che significa oggi lasciare Babilonia e radunarsi a Sion, l’anziano D. Todd Christofferson del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato:
“Sion è sia un luogo che un popolo. Sion era il nome dato all’antica città di Enoc nei giorni che precedettero il diluvio. […] In seguito, Gerusalemme e il suo tempio furono chiamati Monte Sion, e le Scritture profetizzano di una futura Nuova Gerusalemme in cui Cristo regnerà come ‘Re di Sion’ quando ‘per lo spazio di mille anni la terra si riposerà’ (Mosè 7:53, 64). […]
L’antitesi e l’antagonista di Sion è Babilonia. La città di Babilonia era originariamente Babele, famosa per la Torre di Babele, che in seguito diventò la capitale dell’impero babilonese. L’edificio principale era il tempio di Bel o Baal, l’idolo cui fecero riferimento i profeti dell’Antico Testamento come ‘la vergogna’ date le perversioni sessuali associate alla sua adorazione. (vedere Guida alle Scritture, ‘Babele, Babilonia’). La sua mondanità, la sua adorazione del male e la cattività di Giuda dopo la conquista del 587 a.C., tutte insieme, resero Babilonia il simbolo delle società in decadimento e in schiavitù spirituale.
È con questo sfondo che il Signore disse ai membri della Sua chiesa: ‘Uscite da Babilonia; radunatevi di fra le nazioni, dai quattro venti, da un’estremità all’altra del cielo’ (DeA 133:7). Egli chiamò gli anziani della Sua chiesa perché fossero mandati nel mondo a compiere questo raduno, dando inizio a un’impresa che continua ancora oggi a pieno ritmo. […]
E così oggi il popolo del Signore si sta radunando ‘di fra le nazioni’ in congregazioni nei pali della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni che sono sparsi fra tutte le nazioni” (“Vieni a Sion”, Liahona, novembre 2008, 37).
Dottrina e Alleanze 133:5. “Siate puri, voi che portate i vasi del Signore”
Per avere ulteriori informazioni sul significato della frase “siate puri, voi che portate i vasi del Signore” (DeA 133:5), vedere il commentario a Dottrina e Alleanze 38:42 in questo manuale.
Dottrina e Alleanze 133:6. “Convocate le vostre solenni assemblee”
Per avere una spiegazione sulle solenni assemblee, vedere il commentario a Dottrina e Alleanze 88:70–76 in questo manuale.
Dottrina e Alleanze 133:8–9. “Mandate gli anziani della mia chiesa”
Proprio come ha comandato ai Suoi antichi apostoli di “[andare e ammaestrare] tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo” (Matteo 28:19), il Signore ha ordinato anche ai dirigenti della Chiesa della nostra dispensazione di mandare missionari a portare il messaggio del Vangelo “alle nazioni che sono lontane, alle isole del mare; […] nei paesi stranieri” (DeA 133:8). Ai tempi del Nuovo Testamento, il vangelo di Gesù Cristo fu insegnato prima ai Giudei e poi ai Gentili (vedere Atti 10; 13:45–46; Romani 1:16). Nella nostra dispensazione, il Signore ha comandato ai membri della Chiesa di “[fare] appello alle nazioni, prima ai Gentili e poi ai Giudei” (DeA 133:8; vedere anche 1 Nefi 13:42). “Nel senso in cui è usato nelle Scritture, gentili ha diversi significati. Qualche volta designa i popoli che non appartengono al lignaggio degli Israeliti; qualche volta persone che non appartengono al lignaggio dei Giudei; qualche volta ancora le nazioni che sono prive del Vangelo, anche se tra il loro popolo può esservi una parte di sangue israelita” (Guida alle Scritture, “Gentili”, scriptures.lds.org). Nella rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133, la parola Gentili si riferisce alle nazioni prive del Vangelo.
Tramite la predicazione del Vangelo sia ai Gentili che ai Giudei, i membri della Chiesa contribuiscono a preparare il mondo alla seconda venuta di Gesù Cristo. L’anziano Neil L. Andersen del Quorum dei Dodici Apostoli ha attestato:
“Il sacerdozio di Dio è stato restaurato sulla terra e il Signore ha cominciato a preparare il mondo per il Suo glorioso ritorno. Questi sono giorni di grandi opportunità e di importanti responsabilità. Questi sono i vostri giorni. […]
La missione sarà per voi una sacra opportunità di portare gli altri a Cristo e di aiutarli a prepararsi per la seconda venuta del Salvatore. […]
Il mondo viene preparato per la seconda venuta del Salvatore in larga misura grazie al lavoro del Signore svolto tramite i Suoi missionari” (“Preparare il mondo per la Seconda Venuta”, Liahona, maggio 2011, 49–51).
Dottrina e Alleanze 133:10–11. “Uscite per incontrare lo Sposo”
Nella rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 il Signore usa un linguaggio e una metafora tratti dalla parabola delle dieci vergini, (vedere Matteo 25:1–13) quando comanda ai Suoi servitori di avvertire gli altri della Sua seconda venuta (vedere DeA 133:10). Secondo le usanze di matrimonio giudaiche ai tempi di Gesù Cristo, lo sposo, accompagnato dai familiari e dagli amici più stretti, si recava di sera presso la casa della sposa per la cerimonia nuziale. Dopodiché il corteo nuziale si spostava a casa dello sposo per partecipare a un banchetto. Lungo il tragitto si univano a loro altri invitati. Le persone che si univano alla processione dovevano portare una loro fonte di luce, come una torcia o una lampada.
Nella parabola delle dieci vergini, dieci donne attendevano il passaggio dello sposo e del suo corteo per unirsi alla processione verso il banchetto nuziale, ma, poiché lo sposo tardava, “tutte divennero sonnacchiose e si addormentarono” (Matteo 25:5). Si svegliarono “sulla mezzanotte [quando] si levò un grido: Ecco lo sposo, uscitegli incontro!” (Matteo 25:6). Tuttavia, solo cinque di loro si erano preparate portando con sé abbastanza olio per le loro lampade, così da potersi unire al corteo nuziale e partecipare al banchetto. Le altre cinque dovettero andare a comprare altro olio e furono estromesse dal banchetto (vedere Matteo 25:7–12).
Commentando il significato della parabola delle dieci vergini, l’anziano James E. Talmage (1862–1933) del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato: “Lo sposo è il Signore Gesù; la cerimonia nuziale simboleggia il Suo avvento in gloria, per ricevere come sposa sulla terra la Chiesa” (Gesù il Cristo, 430). Dal momento che nessuno conosce “né il giorno né l’ora” della venuta del Signore, l’avvertimento dato a ogni popolo è quello di alzarsi e di svegliarsi dall’assopimento spirituale ed essere vigili attendendo il Suo ritorno e preparandosi per esso (vedere DeA 133:10–11).
Dottrina e Alleanze 133:14–15. “Non guardi indietro”
Proprio come Sion è sia un luogo che una condizione spirituale (vedere Mosè 7:18–21), lo stesso vale per Babilonia. Sebbene ci fosse una città antica conosciuta come Babilonia, nella rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 il Signore descrive la condizione di malvagità della “Babilonia spirituale” (DeA 133:14). Il Signore avverte coloro che fuggono dalla “Babilonia spirituale” e che si radunano a Sion di “non [guardare] indietro, per timore che una improvvisa distruzione venga su di [loro]” (DeA 133:15). Questo avvertimento allude all’episodio dell’Antico Testamento in cui Lot e la sua famiglia fuggirono dalla malvagia città di Sodoma. Sebbene fossero stati avvisati di non guardare indietro, la moglie di Lot guardò e fu tramutata in una statua di sale (vedere Genesi 19:17–26). La descrizione di questo episodio suggerisce non solo che lei si guardò indietro, ma anche che rimase in una zona non sicura e che fu distrutta insieme alla città e al suo popolo (vedere Luca 17:30–33). L’anziano Jeffrey R. Holland del Quorum dei Dodici Apostoli ha spiegato quello che possiamo imparare dalla vicenda della moglie di Lot:
“Cosa fece la moglie di Lot di così sbagliato? Da studente di storia vi ho pensato molto e offro una risposta parziale. A quanto pare, ciò che c’era di sbagliato in quello che fece la moglie di Lot non era solamente l’aver guardato indietro; nel suo cuore ella voleva tornare indietro. Sembrerebbe che ancora prima di aver oltrepassato i confini della città, le mancasse già ciò che Sodoma e Gomorra le avevano offerto. […]
È possibile che la moglie di Lot avesse guardato indietro con risentimento verso il Signore per quello a cui le stava chiedendo di rinunciare. […] Quindi non si tratta solamente del fatto che avesse guardato indietro, ma che avesse guardato indietro con nostalgia. In breve, il suo attaccamento al passato superava la sua fiducia nel futuro. Questo sembra fosse, almeno in parte, il suo peccato” (“Il meglio deve ancora venire”,Liahona, gennaio 2010, 17).
Dottrina e Alleanze 133:17–35
Il Salvatore descrive alcuni eventi che si verificheranno al tempo della Sua seconda venuta e del Suo regno millenario
Dottrina e Alleanze 133:16–17. “Preparate la via del Signore”
L’espressione “preparate la via del Signore e raddrizzate i suoi sentieri”, contenuta in Dottrina e Alleanze 133:17, proviene dagli scritti del profeta Isaia, che disse: “Preparate nel deserto la via dell’Eterno, appianate ne’ luoghi aridi una strada per il nostro Dio” (Isaia 40:3). Le parole di Isaia sono state usate anche per descrivere il ministero di Giovanni Battista: “Secondo che è scritto nel libro delle parole del profeta Isaia: V’è una voce d’uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, addirizzate i suoi sentieri” (Luca 3:4; vedere anche Giovanni 1:23). Giovanni Battista ha preparato la via del Signore e ha appianato i Suoi sentieri predicando il vangelo del pentimento e del battesimo per la remissione dei peccati. In questo modo ha preparato le persone per il ministero e gli insegnamenti del Salvatore.
Anche il vangelo restaurato è paragonabile a un messaggero inviato a preparare la via per la seconda venuta del Salvatore. In una rivelazione data tramite il profeta Joseph Smith il 7 marzo 1831, il Signore ha insegnato: “Ho mandato la mia eterna alleanza nel mondo, per essere una luce per il mondo e per essere uno stendardo per il mio popolo […] e per essere un messaggero davanti al mio cospetto per preparare la via dinanzi a me” (DeA 45:9). I membri della Chiesa possono “[preparare] la via del Signore e [raddrizzare] i suoi sentieri” (DeA 133:17) pentendosi, osservando i Suoi comandamenti, cercando di fare la Sua volontà e condividendo il Vangelo con gli altri in modo che possano pentirsi e ricevere le alleanze e le ordinanze di salvezza del Vangelo (vedere DeA 133:16). In questo modo possiamo preparare noi stessi e gli altri alla seconda venuta di Gesù Cristo.
Per una spiegazione sull’angelo a cui si fa riferimento in Dottrina e Alleanze 133:17, vedere il commentario a Dottrina e Alleanze 133:36–39 in questo capitolo.
Dottrina e Alleanze 133:18–21. “L’agnello starà sul Monte Sion. […] Egli starà sul Monte degli Ulivi”
Le Scritture insegnano che Gesù Cristo apparirà diverse volte prima di mostrarsi a tutti i popoli al tempo della Sua seconda venuta. Nella rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 vengono menzionati due “monti” su cui il Salvatore apparirà al Suo ritorno. Il primo è il “Monte Sion” (DeA 133:18), che si riferisce alla città di Nuova Gerusalemme che sarà edificata nella Contea di Jackson, nel Missouri (vedere DeA 84:2). Il secondo è il “Monte degli Ulivi” (DeA 133:20), “ch’è dirimpetto a Gerusalemme a levante” (Zaccaria 14:4; vedere Zaccaria 14:2–5), dove il Salvatore verrà per liberare il popolo ebraico dalle mani dei loro nemici (vedere DeA 45:48–53).
Come riportato in Dottrina e Alleanze 133, il Signore ribadisce anche la profezia di Isaia secondo cui “da Sion uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola dell’Eterno” (Isaia 2:3) quando dice: “Ed egli farà uscire la sua voce da Sion e parlerà da Gerusalemme, e la sua voce sarà udita fra tutti i popoli” (DeA 133:21). Parlando di questa profezia, il presidente Joseph Fielding Smith ha insegnato: “Queste due città, una nella terra di Sion e una in Palestina, durante il millennio diverranno le capitali del regno di Dio” (Dottrine di Salvezza, a cura di Bruce R. McConkie [1980], 3:67).
Oltre che “sul Monte Sion” e “sul Monte degli Ulivi” (DeA 133:18, 20), il Salvatore “starà […] sull’oceano possente, sì, il grande abisso, e sulle isole del mare” (DeA 133:20). Parlando delle numerose apparizioni del Salvatore al tempo della Sua seconda venuta, l’anziano Bruce R. McConkie ha insegnato:
“La seconda venuta del Figlio dell’Uomo consiste non di una, ma di molte apparizioni. Il nostro beato Signore verrà — in compagnia di tutte le schiere del cielo e in tutta la gloria del regno di Suo Padre — non in un solo posto, ma in diversi luoghi. Egli visiterà un continente dopo l’altro, parlerà a una moltitudine dopo l’altra, e compirà la Sua volontà tra i mortali, un gruppo dopo l’altro. […]
Egli porrà il piede sul Monte degli Ulivi a est di Gerusalemme, e giungerà con i 144.000 sommi sacerdoti sul Monte Sion in America. E dove altro? Sugli oceani, sulle isole e sui continenti, sulla terra di Sion e altrove. Il concetto chiaro è che ci saranno molte apparizioni, in molti luoghi, a molte persone” (The Millennial Messiah: The Second Coming of the Son of Man [1982], 575, 578).
Dottrina e Alleanze 133:18. I “centoquarantaquattromila”
Per una spiegazione sui “centoquarantaquattromila” menzionati in Dottrina e Alleanze 133:18, vedere il commentario a Dottrina e Alleanze 77:11 in questo manuale.
Dottrina e Alleanze 133:22–25. “Il Signore, sì, il Salvatore, starà in mezzo al suo popolo”
La seconda venuta di Gesù Cristo giungerà insieme a grandi sconvolgimenti e trasformazioni della terra (vedere DeA 133:22–24, 41, 44). Probabilmente, queste trasformazioni faranno parte del processo di rinnovamento che subirà la terra quando riceverà la sua “gloria paradisiaca” in preparazione al regno millenario del Salvatore (vedere Articoli di Fede 1:10). La rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 afferma che durante questo periodo “il Signore […] starà in mezzo al suo popolo e regnerà su ogni carne” (DeA 133:25).
Parlando del regno millenario del Signore, il profeta Joseph Smith (1805–1844) ha insegnato: “Non [accadrà] che Gesù risiederà sulla terra per mille [anni] con i santi, bensì regnerà su di loro, scenderà e li istruirà, come fece con i cinquecento fratelli [vedere 1 Corinzi 15:6]. E chi risorgerà nella prima risurrezione regnerà con Lui sui santi” (Insegnamenti dei presidenti della Chiesa – Joseph Smith [2007], 265).
Dottrina e Alleanze 133:26–32. “Coloro che sono nelle regioni del nord”
L’espressione “coloro che sono nelle regioni del nord” (DeA 133:26) si riferisce alle dieci tribù perdute di Israele. Anticamente, queste “dieci tribù […] costituivano il regno settentrionale d’Israele e furono portate prigioniere in Assiria nel 721 a.C. A quel tempo esse andarono nei ‘paesi del nord’ e nessuno ne ebbe più notizia” (Guida alle Scritture, “Israele”, scriptures.lds.org). Nel Libro di Mormon, il profeta Nefi spiega che “ve ne sono molti che sono […] perduti secondo la conoscenza di coloro che sono a Gerusalemme. Sì, la maggior parte di tutte le tribù sono state condotte via, e sono disperse qua e là sulle isole del mare; e dove siano, nessuno di noi lo sa, sappiamo soltanto che sono state condotte via” (1 Nefi 22:4). Le dieci tribù perdute di Israele, dunque, sono state disperse su tutta la terra.
Il 3 aprile 1836 il profeta Mosè apparve al profeta Joseph Smith e a Oliver Cowdery nel Tempio di Kirtland e consegnò loro le “chiavi del raduno di Israele dalle quattro parti della terra e per condurre le dieci tribù dal paese del Nord” (DeA 110:11). L’anziano Bruce R. McConkie ha citato questo passo delle Scritture e ha suggerito in che modo le dieci tribù saranno radunate e condotte “dal paese del Nord”:
“Questa responsabilità racchiude due cose. Primo: Israele — tutta Israele, comprese le dieci tribù — dev’essere radunata ‘dalle quattro parti della terra’ di fra ogni nazione e ogni popolo. Le tribù devono essere radunate nella vera Chiesa e nel gregge del Dio d’Israele. Questo raduno è principalmente spirituale, ma anche temporale in quanto le pecore radunate sono riunite nei pali di Sion dove scorre l’acqua viva. Ma oltre a ciò, questa responsabilità impone a colui che detiene le chiavi del raduno, ossia il presidente della Chiesa, di condurre le dieci tribù dalla terra del nord alla patria loro destinata […]. Dopo che si saranno unite alla Chiesa, dopo che torneranno al Signore, dopo che crederanno in Cristo e accetteranno il Suo vangelo, dopo che riceveranno ancora una volta individualmente e come popolo l’alleanza di Abrahamo, allora saranno condotte alle loro eredità promesse. Questa parte del raduno di Israele avverrà nel Millennio, in quanto quello è il periodo stabilito in cui le dieci tribù verranno alla luce; quello è il tempo in cui il regno sarà restaurato in Israele in senso politico oltre che ecclesiastico. […]
Dopo il ritorno del Signore, una strada sarà elevata — Isaia la chiama ‘la via santa’ dove nessuno che sia impuro passerà, e cioè il sentiero stretto e angusto che conduce alla vita eterna — e su questa strada le dieci tribù faranno ritorno. Esse crederanno di nuovo nel Vangelo e riceveranno le benedizioni del battesimo, proprio come al tempo in cui il Signore risorto svolse il ministero presso di loro [vedere 3 Nefi 16:1–3]. Queste benedizioni, insieme alle benedizioni del tempio, saranno amministrate loro dalle mani di Efraim [dai servitori del Signore discendenti di Efraim]. Poi, al momento opportuno e sotto la direzione del presidente della Chiesa, il quale detiene le chiavi del raduno di Israele e per condurre le dieci tribù dal paese del nord, almeno alcune parti stabilite e rappresentative del regno di Israele torneranno dalle regioni a nord della Palestina alla terra della loro antica eredità, proprio a quella terra promessa ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe come eredità eterna” (A New Witness for the Articles of Faith [1985], 529–530, 642).
Dottrina e Alleanze 133:30–34. “Per mano dei servitori del Signore, sì, i figli di Efraim”
Uno dei dodici figli di Giacobbe, ovvero di Israele, si chiamava Giuseppe: lo stesso Giuseppe che fu venduto come schiavo in Egitto dai suoi fratelli. Giuseppe aveva due figli: Efraim e Manasse. Sebbene fosse il figlio minore, Efraim ricevette la benedizione del diritto di primogenitura da Giacobbe al posto di suo fratello maggiore Manasse (vedere Genesi 46:20; 48:13–20). “Negli ultimi giorni la tribù di Efraim ha avuto per prima il privilegio di portare il messaggio della restaurazione del Vangelo al mondo e di radunare la dispersa Israele (Deuteronomio 33:13–17; DeA 64:36; 133:26–34)” (Bibbia [KJV] della Chiesa, Bible Dictionary, “Ephraim”). Molti santi degli ultimi giorni hanno scoperto, ricevendo la propria benedizione patriarcale, di appartenere alla tribù di Efraim e di avere la responsabilità di contribuire al raduno di Israele.
Il presidente Joseph Fielding Smith ha insegnato: “Il Signore ha chiesto ai discendenti di Efraim di iniziare la Sua opera sulla terra in questi ultimi giorni. […] Le chiavi sono di Efraim. È Efraim che deve essere dotata del potere di benedire e di concedere alle altre tribù […] le loro benedizioni” (Dottrine di Salvezza, 2:219; vedere anche DeA 113:5–6).
Un episodio dell’Antico Testamento fu una prefigurazione dell’opera di Efraim negli ultimi giorni. Diversi anni dopo che Giuseppe era stato venduto dai suoi fratelli in Egitto, la terra di Canaan subì un periodo di grave carestia. Giacobbe mandò i suoi figli in Egitto per comprare il cibo necessario alla loro sopravvivenza (vedere Genesi 41:56–42:3). In Egitto Giuseppe era diventato un governatore e supervisionava la distribuzione di grano al popolo. Nel racconto biblico, a un certo punto Giuseppe si rivelò ai suoi fratelli. Vedendo che erano “sbigottiti” (Genesi 45:3), li confortò con queste parole: “Non vi contristate, né vi dolga d’avermi venduto perch’io fossi menato qua; poiché Iddio m’ha mandato innanzi a voi per conservarvi in vita. […] Ma Dio mi ha mandato dinanzi a voi, perché sia conservato di voi un resto sulla terra, e per salvarvi la vita con una grande liberazione” (Genesi 45:5, 7). Negli ultimi giorni i posteri di Giuseppe, principalmente coloro che fanno parte della discendenza di suo figlio Efraim, contribuiranno ancora una volta a portare la salvezza ai membri delle altre tribù di Israele (vedere Traduzione di Joseph Smith, Genesi 48:10–11 [nell’appendice dell’edizione combinata delle Scritture]; 2 Nefi 3:4–8, 11–15).
Dottrina e Alleanze 133:35. “E anche quelli della tribù di Giuda […] saranno santificati in santità”
Poiché ha rigettato il “Santo d’Israele”, la tribù di Giuda è stata ripetutamente dispersa e umiliata come popolo, è diventata “un obbrobrio e una favola” ed è stata soggetta all’odio “di tutte le nazioni” (1 Nefi 19:14; vedere anche 3 Nefi 16:9). Nella preghiera dedicatoria del Tempio di Kirtland il profeta Joseph Smith ha implorato il Signore “di avere misericordia dei figlioli di Giacobbe, affinché Gerusalemme, da questa ora, inizi ad essere redenta; e il giogo della schiavitù inizi ad essere staccato dalla casa di Davide; e i figlioli di Giuda inizino a ritornare alle terre che tu desti ad Abrahamo, loro padre” (DeA 109:62–64). Poco a poco questa preghiera profetica si sta adempiendo. La pienezza del Vangelo verrà insegnata ai discendenti di Giuda e, col tempo, molti giudei “saranno persuasi a credere in Cristo, il Figlio di Dio” (2 Nefi 25:16; vedere anche 3 Nefi 20:30–31). Accettando il Salvatore e il Suo vangelo, “anche quelli della tribù di Giuda, dopo le loro sofferenze, saranno santificati in santità dinanzi al Signore, per dimorare in sua presenza giorno e notte, per sempre e in eterno” (DeA 133:35; vedere anche DeA 45:51–53).
Dottrina e Alleanze 133:36–56
Il Signore rivela che il vangelo restaurato sarà predicato a tutto il mondo e descrive la Sua seconda venuta
Dottrina e Alleanze 133:36–39. “Ho mandato il mio angelo […] che ha il Vangelo eterno”
Nella sua visione degli ultimi giorni, l’apostolo Giovanni vide “un […] angelo che volava in mezzo al cielo, recante l’evangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, e ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo” (Apocalisse 14:6). Nella rivelazione riportata in Dottrina e Alleanze 133 il Signore afferma che la visione, o profezia, di Giovanni si era adempiuta: “Ho mandato il mio angelo che vola attraverso il cielo, che ha il Vangelo eterno, che è apparso ad alcuni e lo ha affidato all’uomo” (DeA 133:36). Dopo aver citato Apocalisse 14:6, il presidente Gordon B. Hinckley ha dichiarato: “Quell’angelo è venuto. Il suo nome è Moroni” (“Finite la corsa, serbate la fede”, La Stella, gennaio 1996, 79). L’angelo Moroni apparve al profeta Joseph Smith e gli consegnò degli antichi annali contenenti “la pienezza del Vangelo di Gesù Cristo” e da cui il Profeta tradusse il Libro di Mormon (vedere DeA 20:6–12).
Parlando del ruolo del Libro di Mormon nella predicazione del Vangelo e nel raduno d’Israele, il presidente Russell M. Nelson ha insegnato:
“Il Libro di Mormon proclama l’avvento del raduno ed è lo strumento di Dio per portarlo a compimento. Senza il Libro di Mormon, non vi sarebbe alcun raduno d’Israele.
Il Libro di Mormon contiene la pienezza del Vangelo. Senza il Libro di Mormon, sapremmo ben poco riguardo all’Espiazione di Gesù Cristo. Poiché insegna riguardo all’Espiazione, il Libro di Mormon ci aiuta a pentirci, a stringere e osservare sacre alleanze e ad essere degni delle ordinanze di salvezza ed Esaltazione; esso ci conduce verso il tempio, dove possiamo qualificarci per la vita eterna” (“Il Libro di Mormon, il raduno d’Israele e la Seconda Venuta ”, Liahona, luglio 2014, 29).
L’angelo Moroni ha contribuito a restaurare la pienezza del Vangelo così come contenuta nel Libro di Mormon. L’anziano Bruce R. McConkie ha spiegato: “L’angelo Moroni ha portato il messaggio, ossia la parola; ma gli altri angeli hanno portato le chiavi e il sacerdozio, ossia il potere. In ultima analisi la pienezza del vangelo eterno consiste in tutte le verità e i poteri necessari per permettere all’uomo di ottenere una pienezza di salvezza nel regno celeste” (Doctrinal New Testament Commentary [1973], 3:530). Pertanto, l’angelo a cui si fa riferimento in Dottrina e Alleanze 133:36 può anche rappresentare un insieme di molti angeli, tra cui Moroni, che hanno cooperato nella restaurazione del vangelo di Gesù Cristo.
Dottrina e Alleanze 133:40–45. “Quali grandi cose hai preparato per colui che ti attende”
Le parole del Signore riportate in Dottrina e Alleanze 133:40–45 ribadiscono gli insegnamenti dell’antico profeta Isaia secondo cui il popolo del Signore pregherà per la Sua seconda venuta e per la salvezza che otterrà al Suo ritorno (vedere Isaia 64:1–4). Le metafore del “fuoco di fonderia”, del “fuoco che fa bollire le acque” e delle “montagne [che] fonderanno” (DeA 133:41, 44; vedere anche Isaia 64:2–3) potrebbero illustrare gli enormi cambiamenti che subirà la terra quando il Salvatore giungerà in gloria. A quel tempo “ogni cosa corruttibile […] che dimora su tutta la faccia della terra sarà consumata. E anche quella degli elementi sarà fusa con calore ardente”. La terra sarà purificata dal fuoco “e tutte le cose diverranno nuove” (DeA 101:24–25). L’espressione “cose terribili” contenuta in Dottrina e Alleanze 133:43 si riferisce a opere possenti e a prodigi simili, forse, a quelli compiuti dal Signore quando liberò i figlioli d’Israele dall’Egitto (vedere Esodo 34:10; Deuteronomio 10:21–22). Per i malvagi, simili dimostrazioni del potere divino potrebbero sembrare “terribili” o spaventose. Anche se sarà un giorno spaventoso per i malvagi, la seconda venuta di Gesù Cristo sarà un giorno felice per i giusti (vedere Malachia 4:5). Quando tornerà, il Salvatore “[verrà] incontro a colui che gioisce e opera in rettitudine, a chi si ricorda di [Lui] nelle [Sue] vie” (DeA 133:44). E coloro che Lo avranno atteso fedelmente vivranno “grandi cose” che “gli uomini non hanno udito né percepito con l’orecchio, né alcun occhio ha veduto” (DeA 133:45). Tra queste “grandi cose” vi sono il regno millenario di Gesù Cristo, la gloria celeste e l’Esaltazione.
Attendere il Signore significa molto più che semplicemente far passare il tempo fino alla Sua venuta. Vuol dire essere vigili nell’attendere la Sua venuta e nel prepararsi per essa. L’anziano Jeffrey R. Holland ha suggerito cosa possiamo fare per prepararci con fede per la seconda venuta di Gesù Cristo:
“Dobbiamo prestare attenzione ai segni e leggere il significato delle stagioni, dobbiamo vivere nel modo più fedele possibile e dobbiamo condividere il Vangelo con tutte le persone in modo che tutti possano essere benedetti e protetti. Non possiamo e non dobbiamo, tuttavia, restare impietriti soltanto perché [la Seconda Venuta] e gli eventi ad essa collegati sono alle porte. Non possiamo smettere di vivere. Invero dovremmo vivere anche più intensamente di quanto abbiamo fatto finora. Dopo tutto, questa è la dispensazione della pienezza dei tempi. […]
Dio si aspetta che abbiate abbastanza fede e determinazione, abbastanza fiducia in Lui, per darvi da fare, vivere e rallegrarvi. Infatti, Egli non si aspetta soltanto che affrontiate il futuro (suona così sinistro e stoico). Egli vuole che voi abbracciate e modelliate il futuro — che lo amiate, ne gioiate e ne sfruttiate le opportunità.
Dio è ansioso di avere la possibilità di rispondere alle vostre preghiere e realizzare i vostri sogni, come lo è sempre stato. Ma non può se voi non pregate, né può se voi non sognate. Praticamente, Lui non può se voi non credete” (“Terror, Triumph, and a Wedding Feast” [riunione al caminetto della Brigham Young University, 12 settembre 2004], 2–3, speeches.byu.edu).
Dottrina e Alleanze 133:46–51. “Il Signore sarà rosso nelle sue vesti”
Le parole del Signore riportate in Dottrina e Alleanze 133:46–51 ribadiscono gli insegnamenti di Isaia, il quale profetizzò che al tempo del Suo ritorno Gesù Cristo sarebbe stato “rosso nel [Suo] manto”, ovvero nelle Sue vesti, poiché Egli è stato da “solo a calcar l’uva nello strettoio” (Isaia 63:2–3; vedere anche Apocalisse 19:13). Anticamente, uno strettoio era una grande vasca che veniva riempita d’uva. Per estrarre il succo d’uva, diversi lavoratori stavano in piedi nella vasca e calpestavano i chicchi. Il succo che ne scaturiva macchiava i piedi e i vestiti di un colore rosso scuro. Le vesti rosse che il Salvatore avrà alla Sua seconda venuta racchiuderanno diversi significati. Rappresenteranno “i giudizi di Dio riversati sui malvagi e la distruzione che si abbatterà su di loro quando, come i grappoli della vite, saranno pienamente maturi nell’iniquità e saranno calpestati nel ‘tino dell’ira di Dio’ [Apocalisse 14:19]” durante la seconda venuta di Gesù Cristo (New Testament Student Manual [Church Educational System manual, 2014], 556).
Il rosso delle Sue vesti, inoltre, “richiama alla mente la sofferenza del Salvatore nel Getsemani, quando il Suo sangue espiatorio stillò dal Suo corpo come il succo dall’uva che viene pressata”(New Testament Student Manual, 563). Parlando delle sofferenze del Salvatore nel Getsemani, l’anziano Neal A. Maxwell (1926–2004) del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato che le vesti rosse del Salvatore al tempo della Sua seconda venuta ricorderanno ai giusti il sangue che Lui ha versato per loro:
“Avendo sanguinato da ogni poro, quanto doveva essere colorata di rosso la Sua veste nel Getsemani! Quanto purpureo il Suo mantello!
Non stupiamoci quindi se, quando Cristo verrà in potere e gloria, sarà vestito di rosso (vedere DeA 133:48) per indicare non soltanto una giusta ira, ma anche per ricordarci quanto Egli soffrì per ognuno di noi nel Getsemani e sul Calvario!” (“‘A chi vince… come anch’io ho vinto’”, La Stella, luglio 1987, 65).
Dottrina e Alleanze 133:52–53. “Egli fu afflitto in tutte le loro afflizioni”
“Il giorno della vendetta [del Signore]” (DeA 133:51), che si riferisce alla distruzione dei malvagi al tempo della Sua seconda venuta, giungerà nell’“anno dei [Suoi] redenti” (DeA 133:52). Questa espressione “potrebbe riferirsi all’anno giubilare” celebrato nell’antica Israele, in cui tutti gli Israeliti in cattività o in schiavitù venivano redenti, ovvero liberati (Donald W. Parry, Jay A. Parry e Tina M. Peterson, Understanding Isaiah [1998], 555; vedere anche Esodo 21:2; Levitico 25:9–10, 39–40). In modo simile, alla seconda venuta del Signore “saremo liberati dalle catene dei nostri nemici e oppressori” (Parry, Parry e Peterson, Understanding Isaiah, 555). In quel giorno i giusti loderanno il Signore per “tutto ciò che egli ha dato loro, secondo la sua bontà e secondo la sua amorevole benevolenza, per sempre e in eterno” (DeA 133:52). Essi ricorderanno che “Egli fu afflitto in tutte le loro afflizioni” e che “nel suo amore e nella sua compassione egli li redense e li sostenne e li portò” attraverso le difficoltà della mortalità (DeA 133:53; vedere anche Alma 7:11–13).
Parlando del sacrificio espiatorio del Salvatore, l’anziano David A. Bednar del Quorum dei Dodici Apostoli ha attestato: “Il Salvatore non ha sofferto solo per le nostre iniquità, ma anche per le diseguaglianze, l’ingiustizia, il dolore, l’angoscia e le ansie emotive che ci assediano così di frequente. Non c’è dolore fisico, né angoscia dell’anima, né sofferenza dello spirito, né infermità né debolezza che io o voi possiamo mai provare durante questo nostro viaggio della vita terrena che il Salvatore non abbia provato per primo. […] E dal momento che ha pagato il prezzo supremo e ha portato quei fardelli, Egli prova un’empatia perfetta e può tenderci il Suo braccio misericordioso in tantissime fasi della nostra vita. Egli può tenderci la mano, toccarci, soccorrerci (correndo letteralmente da noi) e rafforzarci più di quanto possiamo mai fare da soli e aiutarci a fare ciò che non riusciremmo mai a fare affidandoci solo al nostro potere” (“L’Espiazione e il viaggio della vita terrena”, Liahona, aprile 2012, 19).
Dottrina e Alleanze 133:57–74
Il Vangelo viene proclamato per preparare il mondo alla seconda venuta di Gesù Cristo
Dottrina e Alleanze 133:57–59. “Mediante le cose deboli della terra il Signore trebbierà le nazioni”
Per avere ulteriori spiegazioni sulle “cose deboli della terra” e sul significato dell’espressione “il Signore trebbierà le nazioni, mediante il potere del suo spirito” (DeA 133:59), vedere il commentario a Dottrina e Alleanze 35:13 in questo manuale.
Dottrina e Alleanze 133:62–64. “Non lascerà loro né radice né ramo”
A chi “si pente e si santifica dinanzi al Signore sarà data la vita eterna” (DeA 133:62), che secondo gli insegnamenti delle Scritture “è il dono più grande fra tutti i doni di Dio” (DeA 14:7). Il presidente Henry B. Eyring della Prima Presidenza ha spiegato cosa significa ricevere la vita eterna: “È il dono di poter vivere per sempre alla presenza di Dio Padre e del Suo Beneamato Figliuolo con la propria famiglia. Solo nel più alto dei regni di Dio, il regno celeste, gli amorevoli legami familiari non avranno fine” (“La speranza di amarsi come famiglia eterna”, Liahona, agosto 2016, 4).
In contrasto con coloro che riceveranno il dono della vita eterna, coloro che rifiutano di obbedire alla voce del Signore saranno “recisi di fra il popolo [dell’alleanza del Signore]” (DeA 133:63). Coloro che saranno “recisi”, ovvero separati dal popolo del Signore a causa della disobbedienza e della malvagità “saranno come stoppia; e il giorno che viene li divamperà, dice il Signore degli Eserciti, cosicché non lascerà loro né radice né ramo” (DeA 133:64; vedere anche Malachia 4:1). L’anziano Theodore M. Burton (1907–1989) dei Settanta ha spiegato il significato della frase “non lascerà loro né radice né ramo”, contenuta in Malachia 4:1: “Questa espressione significa semplicemente che i malvagi e le persone indifferenti che rigettano il vangelo di Gesù Cristo non avranno un’eredità familiare o un lignaggio patriarcale: non avranno né radice (antenati o progenitori) né ramo (figli o posteri). Queste persone non possono essere accettate nel regno celeste di gloria degli esseri risorti, ma devono accontentarsi di una benedizione minore” (Conference Report, ottobre 1967, 81).