Storia della Chiesa
Dentro le mura del carcere di Liberty


“Dentro le mura del carcere di Liberty”, Rivelazioni nel contesto (2016)

“Dentro le mura del carcere di Liberty”, Rivelazioni nel contesto

Dentro le mura del carcere di Liberty

DeA 121, 122, 123

Il carcere di Liberty

Il 1° dicembre 1838, un santo degli ultimi giorni di nome Caleb Baldwin, proveniente da Warrensville, in Ohio, fu accusato di “crimini di alto tradimento” e rinchiuso al piano più basso del carcere di Liberty, situato nella Contea di Clay, in Missouri”1. I suoi compagni di prigionia includevano i membri della Prima Presidenza de La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni: Joseph Smith, Hyrum Smith e Sidney Rigdon, oltre a Lyman Wight e Alexander McRae. I quasi quattro mesi di prigionia dei sei detenuti divennero l’episodio finale della movimentata e spesso tormentata storia dei Santi degli Ultimi Giorni in Missouri.

Dentro le mura del carcere di Liberty, Baldwin mise per iscritto alcune delle riflessioni più profonde di Joseph Smith in alcune lettere rivolte agli sparsi e indigenti Santi degli Ultimi Giorni — parti delle quali furono poi canonizzate come Dottrina e Alleanze, sezioni 121, 122 e 123. Alcuni di questi passi sono diventati gemme scritturali, spesso citate nel corso degli anni negli insegnamenti dei Santi degli Ultimi Giorni.

Sebbene la storia del carcere di Liberty sia stata raccontata molte volte dalla prospettiva di Joseph Smith, l’esperienza degli altri prigionieri ci offre ulteriori spunti. Baldwin, il più anziano del gruppo, soffrì sia fisicamente che emotivamente nelle segrete del carcere di Liberty. Le parole d’ispirazione che vennero a Joseph mentre dettava la sua lettera offrirono conforto e guida a Baldwin, il 47enne padre di dieci figli che durante i suoi quattro mesi di prigionia anelava a tornare insieme alla propria famiglia.

Primi conflitti in Missouri

La storia movimentata dei Santi degli Ultimi Giorni in Missouri ebbe inizio nel 1831, quando una rivelazione a Joseph Smith identificò la Contea di Jackson come luogo di Sion, la Nuova Gerusalemme (vedere DeA 57:1–3). Nel 1833, i Santi degli Ultimi Giorni nella Contea di Jackson erano oltre mille — circa un terzo della popolazione della contea — e le differenze religiose, politiche e culturali crearono inevitabili tensioni tra i nuovi e i vecchi residenti. Dopo alcune richieste pacifiche rivolte ai Santi degli Ultimi Giorni perché trasferissero altrove la loro religione e le loro famiglie, un gruppo numeroso e ben organizzato di abitanti del Missouri fece irruzione nella casa di William W. Phelps, distrusse la tipografia del giornale Evening and Morning Star, poi ricoprì di catrame e piume Edward Partridge e Charles Allen.2

Mentre i Santi degli Ultimi Giorni cercavano di ottenere un risarcimento tramite petizioni scritte, si organizzarono anche militarmente al fine di proteggere le proprie famiglie in caso di conflitto armato. Persino dopo il trasferimento dei Santi degli Ultimi Giorni nella Contea di Caldwell, nel Missouri nord‑occidentale, creata appositamente per loro dal parlamento dello stato, furono combattute delle “battaglie” presso Gallatin, DeWitt, Blue River, Crooked River e Haun’s Mill in quella che divenne nota come Guerra Mormone del Missouri.3

Nei mesi di ottobre e novembre 1838, il Generale Samuel D. Lucas, un comandante nell’esercito del Missouri, arrestò diverse figure di spicco dei Santi degli Ultimi Giorni, inclusi Joseph Smith, Hyrum Smith, Sidney Rigdon, Parley P. Pratt, George W. Robinson e Amasa Lyman. Caleb Baldwin, Lyman Wight e altri santi degli ultimi giorni accusati si unirono a Joseph e ai suoi compagni in un’udienza preliminare tenutasi a Richmond, in Missouri, portando a sessanta il numero totale di santi degli ultimi giorni chiamati in giudizio. Durante l’udienza, il giudice Austin A. King prese da parte Baldwin e gli offrì la libertà, a patto che rinnegasse la sua religione e abbandonasse il profeta Joseph, un’offerta che Baldwin rifiutò. La stessa proposta fu fatta ad altri detenuti, ma tutti “diedero una risposta simile a quella del signor Baldwin”4.

Alla fine, il giudice King trovò indizi di colpevolezza sufficienti per rinchiudere in prigione diversi dirigenti della Chiesa. Joseph Smith, Hyrum Smith, Sidney Rigdon, Lyman Wight, Alexander McRae e Caleb Baldwin avrebbero dovuto essere condotti presso il carcere di Liberty, nella Contea di Clay, poiché le prigioni nelle contee dove si erano verificati i presunti crimini non avevano abbastanza spazio per così tanti detenuti. Il 1° dicembre 1838, Joseph Smith — entrando nel carcere — “si tolse il cappello e disse, con voce chiara: ‘Buon pomeriggio, signori’. Un attimo dopo era sparito. La pesante porta ruotò sui suoi forti cardini e il Profeta era nascosto dallo sguardo indiscreto della gente curiosa che osservava attentamente”5

Il carcere di Liberty

Trascorrere quattro mesi nella minuscola cella si rivelò un’esperienza terribile. Mura di pietra spesse un metro, un soffitto alto un metro e ottanta e le costanti molestie da parte delle guardie portarono Joseph e i suoi compagni a descrivere quella struttura come “un inferno circondato di demoni”.6 I detenuti furono posti nella cella situata al livello inferiore del carcere, dove le temperature scendevano, le luci si affievolivano, gli odori ristagnavano e il tempo sembrava rallentare. Soltanto dei “sudici lettini di paglia” impedivano ai prigionieri di dormire sul pavimento di pietra, ma anch’essi si consumarono dopo poco tempo.7

Come era avvenuto in altre prigioni di contea nel diciannovesimo secolo, il cibo fece star male i prigionieri. Joseph e i suoi compagni descrissero il loro cibo quotidiano come “assai scadente e tanto ripugnante che non riuscivamo a mangiare sino a quando eravamo spinti dalla fame”. Quando i prigionieri infine mangiarono la propria razione, il cibo li fece vomitare “quasi fino alla morte”. Alcuni dei prigionieri sospettarono che le guardie avvelenassero il loro cibo e la loro acqua, oppure dessero loro addirittura carne umana da mangiare.8

La notizia della presenza di prigionieri Santi degli Ultimi Giorni nel carcere di Liberty si diffuse e “il luogo divenne una sorta di zoo”. La gente del posto visitava il carcere a frotte per osservare i prigionieri; le grida di scherno e derisione riecheggiavano attraverso le mura di pietra. Hyrum Smith si lamentò, dicendo: “Veniamo spesso ispezionati da gente stolta che si comporta come se fossimo elefanti, dromedari, focene oppure balene mostruose o serpenti marini”9.

Giorno dopo giorno, gli uomini marcivano in prigione, mentre le ferite emotive mettevano lentamente e continuamente alla prova la loro fede. “La nostra anima è stata piegata e abbiamo sofferto molto… invero, abbiamo dovuto attraversare un oceano di patimenti”, scrisse Joseph.10

I quattro mesi di prigionia nel carcere di Liberty richiesero anche un pesante tributo fisico ai prigionieri. La luce del sole filtrava appena attraverso due piccole finestre con le sbarre di ferro, e le lunghe ore trascorse al buio facevano affaticare gli occhi dei prigionieri, come raccontò in seguito uno dei carcerieri. Anche se era permesso accendere un piccolo fuoco, senza un camino per far uscire il fumo gli occhi dei prigionieri si irritavano ancora di più. Le loro orecchie erano doloranti, i nervi tremavano e, a un certo punto, Hyrum entrò persino in stato di shock. Le cattive condizioni di salute di Sidney Rigdon, il secondo membro più anziano del gruppo dopo Baldwin, erano tali che egli — disteso su un lettino inclinato — supplicò di essere scarcerato prima. Le sue parole eloquenti e la sua grave infermità spinsero il giudice a scarcerare Rigdon in anticipo sui termini.11

L’aspetto più sconfortante per i restanti prigionieri, forse, fu il pensiero delle famiglie di Santi degli Ultimi Giorni —incluse le loro — disperse, indigenti e scacciate in tutto lo Stato del Missouri. Baldwin e i suoi compagni di cella soffrirono a causa della solitudine e e della separazione, ma mentre gli altri detenuti venivano regolarmente rassicurati in merito al benessere di amici e familiari tramite visite e lettere, Baldwin ricevette soltanto una breve visita da sua moglie Nancy, poco prima di Natale nel 1838, e non vi è traccia di ulteriori comunicazioni con lei o con i loro dieci figli nel corso dei tre mesi successivi.12

Apparentemente in condizioni disperate, i prigionieri tentarono due volte di fuggire dal carcere: il 6 febbraio e il 3 marzo 1839, ma guardie attente posero fine alla loro fuga coraggiosa. Due settimane più tardi, il 15 marzo, i cinque uomini presentarono istanza di scarcerazione per detenzione illegale. Il ricorso di Baldwin, lungo due pagine, dimostrava il suo disperato desiderio di riunirsi alla propria famiglia, la quale era “stata scacciata dallo stato sin dal giorno del suo arresto, senza alcun mezzo di sostentamento”.13 Baldwin aveva anche appreso che suo figlio, anch’egli di nome Caleb, era stato “picchiato quasi fino alla morte da alcuni facinorosi del Missouri con dei bastoni in legno di noce”.14 Pertanto, essendo stato trattenuto “senza la minima ombra di una testimonianza contro di lui”, Baldwin chiese che “l’arroganza dell’oppressione” cessasse e che lui fosse assolto da tutte le accuse.15 Nonostante le petizioni dei prigionieri, apparentemente c’erano indizi sufficienti per mantenerli in carcere.16

Due giorni dopo, il 17 marzo, Samuel Tillery — uno dei carcerieri — ispezionò la cella sotterranea e vi trovò un manico a trivella, che egli pensò fosse utilizzato dai prigionieri per scavarsi una via d’uscita attraverso le spesse mura. Tillery fece scendere nella cella venticinque uomini perché proseguissero le ricerche, poi ordinò ai suoi uomini di incatenare Joseph Smith e i prigionieri al pavimento. Avendo già sopportato tre mesi e mezzo di stress, angoscia e frustrazioni, Baldwin si alzò in piedi con un impeto di rabbia, guardò il carceriere negli occhi e disse: “Tillery, se m’incateni, io ti uccido, che Iddio mi aiuti!”17. Secondo le parole di Hyrum Smith, Tillery “si calmò subito e accettò di soprassedere e risolvere il problema”.18 Sebbene la minaccia impetuosa di Baldwin avesse temporaneamente risolto la disputa, i prigionieri furono sottoposti a una sorveglianza ancora più stretta.

Soltanto tre giorni dopo lo scontro con Samuel Tillery, con i nervi di Baldwin ancora tesi e mentre egli si chiedeva se avrebbe mai più rivisto o avuto notizie dalla sua famiglia, Joseph Smith cominciò a dettare una lettera che certamente sollevò l’animo di Baldwin, una lettera che — da allora — ha portato guida e conforto a milioni di Santi degli Ultimi Giorni.

Una lettera ai Santi

Alexander McRae scrisse la maggior parte della lettera indirizzata “a La Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni a Quincy Illinois e sparsi altrove e al Vescovo Partridge in particolare”, sebbene Baldwin avesse aiutato a scrivere due pagine sulle ventinove totali della lettera. Come hanno notato gli storici Dean Jessee e John Welch, la lunga missiva di Joseph Smith è simile a un’epistola di Paolo. Ad esempio, Joseph si definì “prigioniero per amore del Signore Gesù Cristo” e scrisse che “nulla quindi ci può separare dall’amore di Dio”, un linguaggio simile a quello degli scritti dell’apostolo Paolo indirizzati agli Efesini e ai Romani.19 Joseph, quindi, passò a descrivere nel dettaglio le sofferenze dei “santi poveri e perseguitati”, incluse le famiglie erranti — indifese e disperate — tra il Missouri e l’Illinois, come pure la triste esperienza che lui e i suoi compagni stavano vivendo nel carcere di Liberty.20

Dopo un resoconto straziante del comportamento spietato e crudele di alcuni dei loro vicini del Missouri, Joseph pronunciò le prime parole di quella che ora è la sezione 121 di Dottrina e Alleanze: “O Dio dove sei e dov’è il padiglione che copre il tuo nascondiglio per quanto tempo fermerai la tua mano e i tuoi occhi sì i tuoi occhi puri guarderanno dai cieli eterni i torti contro il tuo popolo e contro i tuoi servitori e i tuoi orecchi saranno penetrati dalle loro grida sì o Signore per quanto tempo subiranno questi torti e queste illegittime oppressioni prima che il tuo cuore si intenerisca verso di loro e le tue viscere siano mosse a compassione verso di loro”21.

La supplica celeste di Joseph non ricevette una risposta immediata. Egli continuò a riflettere sugli atti di violenza commessi contro i Santi degli Ultimi Giorni e si chiese quando la giustizia sarebbe ricaduta sui loro oppressori. Infine, dopo aver narrato sette pagine di infelicità e angoscia, al profeta Joseph giunse una rassicurazione confortante: “figlio mio pace alla tua anima le tue avversità e le tue afflizioni non saranno che un breve momento e allora se le sopporterai bene Dio ti esalterà in eccelso tu trionferai su tutti i tuoi oppositori”. Inoltre, il Signore rassicurò Joseph dicendogli che “se le fauci stesse dell’inferno spalancano la bocca contro di te sappi figlio mio che tutte queste cose ti daranno esperienza e saranno per il tuo bene. Il figlio dell’uomo è sceso al di sotto di tutte queste cose sei tu più grande di lui?”22

Queste parole di conforto generarono un senso di fiducia in Joseph. Egli disse che Dio “avrebbe messo alla prova il Suo popolo” e che l’esperienza dei Santi degli Ultimi Giorni in Missouri era stata “una prova di fede pari a quella di Abrahamo”. Come Abrahamo fu salvato dal sacrificare suo figlio Isacco, allo stesso modo i Santi degli Ultimi Giorni sarebbero stati liberati dalle loro prove, se fossero rimasti fedeli.23

Joseph fornì quindi istruzioni dettagliate in merito a diversi altri argomenti. In primo luogo, indicò come condurre le conferenze e le riunioni di consiglio future, offrendo ai suoi compagni di prigionia la speranza di riunirsi nuovamente e presto con i Santi. Un altro tema riguardava l’acquisto di proprietà nel Territorio dell’Iowa. Joseph riteneva che quella terra sarebbe “stata di grande beneficio per la chiesa” e suggerì a Edward Partridge e ad altri come negoziare nel modo giusto la compravendita, sottolineando l’importanza di condurla a termine senza avidità o egoismo. Egli istruì anche i dirigenti della Chiesa affinché si ricordassero dei bisognosi e “porta[ssero] le infermità dei deboli”24.

La lettera volse quindi l’attenzione al perché molti siano chiamati, ma pochi scelti, parole che lo stesso Gesù usò nel Nuovo Testamento (vedere Matteo 22:14). Joseph si rammaricò del fatto che egli stesso e i Santi degli Ultimi Giorni avessero imparato “per triste esperienza” riguardo al potere distruttivo dell’orgoglio. Forse, Joseph stava ripensando ad alcuni dei suoi amici intimi, come William W. Phelps e Frederick G. Williams, recentemente caduti in apostasia (entrambi sarebbero poi ritornati alla piena fratellanza nella Chiesa). Joseph descrisse le qualità che i detentori del sacerdozio e tutti i Santi degli Ultimi Giorni dovrebbero cercare di acquisire, se vogliono influenzare gli altri: gentilezza, mitezza, persuasione, longanimità, benevolenza, carità, virtù e amore25.

Verso la fine della lettera, Joseph tornò a parlare della persecuzione subita dai Santi degli Ultimi Giorni in Missouri. Joseph considerava la Costituzione degli Stati Uniti “un glorioso vessillo” che assicurava la libertà di culto, e chiese ai Santi di firmare delle dichiarazioni contenenti una descrizione dettagliata dei loro reclami e dei maltrattamenti subiti. Senza alcuna garanzia di successo, Joseph e i Santi erano comunque decisi a “presentare [le loro dichiarazioni] ai capi di governo”, adempiendo un comandamento dato dal Signore26.

La lunga epistola di Joseph Smith ebbe un impatto duraturo: non soltanto fornì una guida al povero Baldwin in carcere e ai Santi vittime di violenze in Missouri, ma fu continuamente ripubblicata per molti anni nei giornali Times and Seasons, Millennial Star e Deseret News.27 Alla fine, alcuni estratti furono canonizzati come Dottrina e Alleanze, sezioni 121, 122 e 123, e questi passi continuano a offrire conforto e guida a chiunque scruti le Scritture in cerca di comprensione.

I prigionieri riuscirono finalmente a “sfuggire” alle autorità giudiziarie mentre venivano condotti a un’udienza nella Contea di Boone, in Missouri, nell’aprile 1839. Le loro guardie chiusero un occhio e permisero ai prigionieri di fuggire, dopo averli condotti lontano dai nemici dei Santi degli Ultimi Giorni presenti nella Contea di Clay. Baldwin si separò da Joseph e dagli altri in diverse occasioni, dopo la loro fuga, ma tutti i prigionieri giunsero infine in Illinois, riunendosi finalmente con la famiglia, gli amici e il resto dei Santi degli Ultimi Giorni rifugiati.28

  1. Joseph Smith, “History, 1838–1856, volume C-1 [2 November 1838–31 July 1842],” 858, josephsmithpapers.org.

  2. Orson F. Whitney, “An Ensign for the Nations: Sketch of the Rise and Progress of Mormonism,” Latter-day Saints’ Millennial Star, vol. 61, no. 28 (July 13, 1899), 434–35.

  3. Vedere Alexander L. Baugh, “The Final Episode of Mormonism in Missouri in the 1830s: The Incarceration of the Mormon Prisoners at Richmond and Columbia Jails, 1838–1839”, John Whitmer Historical Association Journal vol. 28 (2008): 1–34.

  4. Clark V. Johnson, a cura di, Mormon Redress Petitions: Documents of the 1833–1838 Missouri Conflict (Provo, Utah: Religious Studies Center, Brigham Young University, 1992), 685–686.

  5. Lyman Omer Littlefield, Reminiscences of Latter-day Saints: Giving an Account of Much Individual Suffering Endured for Religious Conscience (Logan: Utah Journal Company Printers, 1888), 79–80.

  6. Dean C. Jessee, “‘Walls, Gates and Screeking Iron Doors’: The Prison Experience of Mormon Leaders in Missouri, 1838–1839”, in Davis Bitton e Maureen Ursenbach Beecher, New Views of Mormon History: A Collection of Essays in Honor of Leonard J. Arrington (Salt Lake City: University of Utah Press, 1987), 25.

  7. Jessee, “Walls, Gates, and Screeking Iron Doors”, 25.

  8. Jessee, “Walls, Gates, and Screeking Iron Doors”, 27.

  9. Jessee, “Walls, Gates, and Screeking Iron Doors”, 27.

  10. Joseph Smith Jr., “Communications,” Times and Seasons, vol. 1, no. 6 (Apr. 1840), 85.

  11. Richard S. Van Wagoner, Sidney Rigdon: A Portrait of Religious Excess (Salt Lake City: Signature Books, 1994), 254–255.

  12. Vedere Mary Audentia Smith Anderson, a cura di, Joseph Smith III and the Restoration (Independence, Missouri: Herald House, 1952), 13–14.

  13. Petizione di Caleb Baldwin, Liberty, Missouri, 15 marzo 1839, Biblioteca di storia della Chiesa, Salt Lake City.

  14. “John Gribble, Paragoonah, 1864 July 7,” Church History Library, Salt Lake City.

  15. Petizione di Caleb Baldwin.

  16. Vedere Jeffrey N. Walker, “Habeas Corpus in Early Nineteenth-Century Mormonism: Joseph Smith’s Legal Bulwark for Personal Freedom”, BYU Studies vol. 52, n. 1 (2013), 27.

  17. Necrologio di Caleb Baldwin, in Journal History of The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints, June 11, 1849, Church History Library, Salt Lake City; Vedere anche Elden J. Watson, a cura di, Manuscript History of Brigham Young, 1847–1850 (Salt Lake City: J. Watson, 1971), 211.

  18. Jessee, “Walls, Gates, and Screeking Iron Doors”, 31.

  19. “Lettera alla Chiesa e a Edward Partridge, 20 marzo 1839–A,” 1–2, josephsmithpapers.org; veere anche Dean C. Jessee and John W. Welch, “Revelations in Context: Joseph Smith’s Letter from Liberty Jail, 20 marzo 1839,” BYU Studies, vol. 39, no. 3 (2000), 126; Efesini 3:1 e Romani 8:35.

  20. “Lettera alla Chiesa e a Edward Partridge”, 7; vedere anche Jessee e Welch, “Rivelazioni nel contesto”, 135.

  21. “Lettera alla Chiesa e a Edward Partridge”, 3–4, josephsmithpapers.org; vedere anche Dottrina e Alleanze 121:1–3.

  22. “Lettera alla Chiesa e a Edward Partridge”, –4, 8; vedere anche Dottrina e Alleanze 121:7–8.

  23. “Lettera alla Chiesa e a Edward Partridge”, 10; vedere anche Jessee e Welch, “Rivelazioni nel contesto”, 136.

  24. “Lettera alla Chiesa e a Edward Partridge”, 1, 2; vedere anche Jessee e Welch, “Rivelazioni nel contesto”, 140.

  25. Dottrina e Alleanze 121:39, 41-46.

  26. “Lettera alla Chiesa e a Edward Partridge, 20 marzo 1839–B,” 8, josephsmithpapers.org; vedere anche Dottrina e Alleanze 123:1–6; Jessee e Welch, “Rivelazioni nel contesto”, 130.

  27. Jessee e Welch, “Revelations in Context”, 144.

  28. Per maggiori informazioni riguardo alla fuga dal carcere di Liberty, vedere Alexander L. Baugh, “‘We Took Our Change of Venue to the State of Illinois’: The Gallatin Hearing and the Escape of Joseph Smith and the Mormon Prisoners from Missouri, April 1839”, Mormon Historical Studies vol. 2, n. 1 (Primavera 2001): 59–82.