2008
La mia anima si diletta nelle cose del Signore
Maggio 2008


La mia anima si diletta nelle cose del Signore

Dilettarci nelle cose del Signore… ci farà «elevare» il cuore e avremo motivo di «gioire».

Susan W. Tanner

Nel Libro di Mormon, Nefi parla spesso di diletto. Egli si diletta «nelle cose del Signore», «nelle Scritture» e nel «grande e eterno piano» del nostro Padre nei cieli (vedere 2 Nefi 4:15–16, 11:2–8). Notate che spesso Nefi si ricorda delle sue fonti di diletto nel mezzo delle afflizioni, che lo aiutano a elevarsi e a concentrare il suo spirito sulle benedizioni eterne.

Anche noi dovremmo dilettarci nelle cose del Signore poiché queste ci faranno «elevare il cuore» e avremo motivo di «gioire» (2 Nefi 11:8). Vorrei condividere con voi alcune delle cose in cui mi diletto.

Mi diletto nel nostro Salvatore Gesù Cristo. Come Nefi, «esulto nel mio Gesù» (2 Nefi 33:6), nel Suo ministero e nel Suo ruolo di Salvatore sulla terra. Egli ci fornisce luce e speranza e ci ha dato lo Spirito Santo come ulteriore guida e conforto lungo la strada da percorrere. È solo tramite Lui che potremo tornare a nostro Padre. «La salvezza [può] giungere ai figliuoli degli uomini, [solo] nel nome e tramite il nome di Cristo» (Mosia 3:17).

Mi diletto nel Vangelo restaurato di Gesù Cristo edificato su un fondamento di apostoli e profeti con i quali ho avuto la benedizione di servire. Rendo testimonianza che il presidente Thomas S. Monson è il profeta del Signore sulla terra oggi. Mi diletto nel fatto che egli sia veramente un ministro simile a Cristo con ognuno, e che raggiunga con calore e amore tutti gli individui.

Mi diletto nelle chiavi del sacerdozio e nei templi sparsi sulla terra, che rendono possibili ad ognuno di noi le ordinanze e le alleanze eterne. Alcuni dei miei giorni più belli sono stati, recentemente, i matrimoni al tempio dei miei figli, con mio padre che celebrava quella sacra ordinanza.

Mi diletto nella forza dei giovani mentre li vedo andare numerosi al tempio per fare i battesimi per i morti. Mi piace la loro onorevole fedeltà alle norme che conducono al tempio e la loro preparazione per diventare missionari fedeli e madri e padri retti.

Mi diletto nell’essere una figlia del Padre celeste che mi ama. Ho appreso la mia identità divina da mia madre quando ero ancora piccola. Recentemente ho visto la mia nipotina di tre anni che lo imparava da sua madre. Eliza era andata a letto turbata. Si calmò solo quando sua madre le raccontò di nuovo la sua storia vera preferita riguardo alla notte speciale in cui il Padre celeste, distintamente e chiaramente, aveva sussurrato al cuore di sua madre che Eliza era uno spirito speciale con una nobile missione da compiere.

Mi diletto molto nel mio ruolo di educatrice che mi consente di esprimere la mia identità più profonda di donna. Rimango sempre colpita dal modo in cui le donne, le giovani donne e persino le bambine sembrano avere un interesse e un’abilità innata nell’educare. Non è solo la responsabilità principale di una madre, ma anche parte della nostra «identità e del fine della vita preterreni, terreni ed eterni» (La famiglia: un proclama al mondo», La Stella, ottobre 2004, 49). Educare significa insegnare, incoraggiare lo sviluppo, promuovere la crescita e nutrire. Chi non griderebbe dalla gioia per aver ricevuto un ruolo tanto benedetto?

Nelle Scritture in inglese si usa la parola nutrire solo due volte, e in entrambi i casi si parla della responsabilità dei genitori di crescere i loro figli «in disciplina e in ammonizione del Signore» (Efesini 6:4; Enos 1:1).

Il presidente Hinckley ha anche ammonito sia gli uomini che le donne di essere educatori. Egli disse: «Quanto [sarebbe] più bell[a]… la società in cui viviamo se ogni padre e madre considerasse i figli… come dono del Dio dei cieli… e li allevasse con vero affetto nella saggezza e nell’ammonimento del Signore» («Questi i nostri piccoli», Liahona, dicembre 2007, 7).

Mi diletto nelle famiglie. Recentemente mi sono rallegrata della nascita di un nuovo nipote in una famiglia che comprende che i genitori hanno la solenne responsabilità di allevarli in amore e rettitudine. I figli più grandi erano naturalmente incuriositi dalla venuta in questo mondo della loro sorellina. Le prime lezioni riguardo a questo sacro soggetto vennero loro insegnate da genitori amorevoli in un ambiente familiare sacro, nel clima celeste che accompagna la nascita di una nuova anima nella mortalità e nel contesto del grande piano eterno di nostro Padre. Dall’altra parte, il giorno dopo, tornata a casa dalla scuola materna, nostra nipote ci disse che in classe aveva imparato «una nuova parola chiamata abuso sessuale». Mi sono preoccupata che a questa giovane età i bambini debbano conoscere, per la propria sicurezza, gli aspetti negativi di un soggetto che la sera precedente era stato presentato nella sua bellezza. Come mai prima, ho provato diletto in una famiglia fondata sugli insegnamenti di Gesù Cristo.

Giacobbe insegnò che il Signore si compiace della «castità delle donne» (Giacobbe 2:28). Io mi compiaccio della castità e purezza di tutte le donne e gli uomini. Quanto dev’essere doloroso per il Signore vedere come, in ogni parte di questo mondo malvagio, venga violata la virtù e come venga derisa la modestia. Come stavano imparando i miei nipoti, il Signore ha previsto per i Suoi figli una grande gioia attraverso delle relazioni intime amorevoli. Mi diletto nella chiarezza del Proclama al mondo sulla famiglia che ci ammonisce che: «Le persone che violano le alleanze della castità, che maltrattano il coniuge o i figli, che mancano di assolvere i loro doveri familiari… un giorno saranno chiamati a renderne conto dinanzi a Dio».

Mi diletto nell’esempio di coloro che nelle Scritture camminano per fede, nel loro viaggio terreno. Ogni volta che leggo di Abrahamo e Isacco sulla strada per il monte Moriah, piango, sapendo che Abrahamo non sa che ci sarà un angelo e un montone nel boschetto alla fine del viaggio. Siamo tutti nel mezzo del nostro percorso terreno, e non conosciamo il seguito delle nostre storie. Ma noi, come Abrahamo, siamo spesso benedetti con dei miracoli.

Mi diletto nelle grazie e i miracoli del Signore (vedere «Bless Our Fast, We Pray», Hymns, 138). So che la Sua tenera misericordia e i Suoi miracoli, grandi o piccoli, sono reali. Essi ci pervengono a Suo modo e a Suo tempo. A volte non arrivano finché non abbiamo raggiunto il nostro massimo. I discepoli di Gesù sul mare di Galilea dovettero faticare molto remando tutta la notte contro un vento contrario, prima che Gesù finalmente andasse in loro soccorso. Egli non andò fin verso la «quarta vigilia», quasi all’alba. Eppure Egli andò. (Vedere Marco 6:45–51). La mia testimonianza è che i miracoli avvengono, quantunque talvolta non accadano fin verso la quarta vigilia della notte.

Ora sto esercitando la mia fede e le mie preghiere e sto aspettando piccoli miracoli in favore di persone care che sono fisicamente malate, emotivamente sopraffatte e spiritualmente smarrite. Mi diletto nell’amore del Signore per ognuno dei Suoi figli e nella Sua saggezza che ci permette di vivere esperienze terrene adatte a noi singolarmente.

Infine, mi diletto, più di quanto possa esprimere, nell’amore eterno e nel costante aiuto di mio marito e nelle preghiere e sostegno dei miei figli e dei miei genitori in questi anni di servizio come presidentessa generale delle Giovani Donne.

«La mia anima si diletta nelle cose del Signore» (2 Nefi 4:16)—la Sua legge, la Sua vita e il Suo amore. Avere diletto in Lui significa riconoscere la Sua mano nella nostra vita. Il nostro compito è di fare ciò che è giusto e di amare ciò che è giusto. Quando proviamo diletto nel servirLo, il nostro Padre nei cieli si diletta a benedirci. «Io, il Signore… mi diletto ad onorare coloro che mi servono in rettitudine ed in verità fino alla fine» (DeA 76:5). Voglio essere sempre degna del Suo diletto. «Amo il Signore, in Lui la mia anima si diletta» («I Love the Lord», Jackman Music Corporation). Nel nome di Gesù Cristo. Amen.