La testimonianza
La conoscenza incoraggia l’obbedienza e l’obbedienza accresce la conoscenza.
Una testimonianza del Vangelo è una prova data nella nostra anima tramite lo Spirito Santo che certi fatti di significato eterno sono veri e che noi sappiamo essere veri. Tali fatti comprendono la natura della Divinità e il nostro rapporto con i suoi tre componenti, l’efficacia dell’Espiazione e la realtà della Restaurazione.
Una testimonianza del Vangelo non è un resoconto di un viaggio, un rapporto sui problemi di salute di qualcuno o un’espressione d’affetto verso i membri della famiglia. Non è un sermone. Il presidente Kimball insegnò che il momento in cui iniziamo a predicare agli altri la nostra testimonianza finisce.1
I.
Sorgono diverse domande quando sentiamo gli altri rendere testimonianza o quando prendiamo in considerazione di esprimere la nostra.
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A una riunione di testimonianza, un fedele dice: «So che il Padre e il Figlio apparvero al profeta Joseph Smith». Un visitatore può chiedersi: «Che cosa intende quando dice che lo sa?»
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Un giovane uomo che si prepara per la missione si chiede se la sua testimonianza è abbastanza forte da poter servire come missionario.
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Un giovane sente la testimonianza di un genitore o di un insegnante. In che modo tale testimonianza può aiutare la persona che la sente?
II.
Che cosa intendiamo quando testimoniamo e diciamo di sapere che il Vangelo è veritiero? Mettete a confronto quel tipo di conoscenza con l’affermazione «So che fuori fa freddo» o «So di amare mia moglie». So tre tipi diversi di conoscenza, ciascuno appreso in modo differente. La conoscenza della temperatura esterna può essere verificata scientificamente. La conoscenza dell’amore per il coniuge è personale e soggettiva. Per quanto non comprovabile scientificamente, è comunque importante. L’idea che tutta la conoscenza di questioni importanti sia basata su prove scientifiche è semplicemente non vera.
Benché ci siano alcune «evidenze» per i principi evangelici (ad esempio, vedere Salmi 19:1; Helaman 8:24), i metodi scientifici non forniscono una conoscenza spirituale. Questo è quanto insegnò Gesù rispondendo a Simon Pietro quando attestò di sapere che Lui era il Cristo: «Tu sei beato, o Simone, figliuol di Giona, perché non la carne e il sangue t’hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è ne’ cieli» (Matteo 16:17). L’apostolo Paolo spiegò questo concetto. Nella lettera ai santi di Corinto egli disse che «nessuno conosce le cose di Dio, se non [per] lo Spirito di Dio» (1 Corinzi 2:11; vedere anche Giovanni 14:17).
Al contrario, conosciamo le cose degli uomini secondo le vie degli uomini, ma «l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia; e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente» (1 Corinzi 2:14).
Il Libro di Mormon insegna che Dio ci manifesterà la verità delle cose spirituali mediante il potere dello Spirito Santo (vedere Moroni 10:4–5). Nella rivelazione moderna Dio ci promette che riceveremo «conoscenza» quand’Egli ci parlerà nella mente e nel cuore «mediante lo Spirito Santo» (DeA 8:1–2).
Una delle cose più grandiose riguardanti il piano del Padre celeste per i Suoi figli è che ciascuno di noi può conoscere personalmente la veridicità di quel piano. Quella conoscenza rivelata non deriva da libri, prove scientifiche o meditazione intellettuale. Come accadde all’apostolo Pietro, noi possiamo ricevere tale conoscenza direttamente dal nostro Padre celeste mediante la testimonianza dello Spirito Santo.
Quando conosciamo verità spirituali mediante mezzi spirituali, possiamo essere tanto certi di tale conoscenza quanto quella che ha uno studioso o uno scienziato in merito a diversi tipi di conoscenza acquisita con metodi differenti.
Il profeta Joseph Smith offrì un ottimo esempio di questo. Quand’era perseguitato per aver parlato della sua visione, paragonò la sua situazione a quella dell’apostolo Paolo, che fu messo in ridicolo e insultato mentre si difendeva dinanzi a Re Agrippa (vedere Atti 26). «Ma tutto ciò non distrusse la realtà della sua visione», disse Joseph. «Aveva avuto una visione, sapeva di averla avuta, e tutte le persecuzioni sotto il cielo non potevano mutare le cose… Così era per me» continuò Joseph. «Avevo realmente visto una luce, e in mezzo a quella luce avevo visto due Personaggi, ed essi mi avevano veramente parlato… Avevo avuto una visione; io lo sapevo e sapevo che Dio lo sapeva, e non potevo negarlo, né avrei mai osato farlo» (Joseph Smith—Storia 1:24–25).
III.
Quella era la testimonianza di Joseph Smith. Cosa dire della nostra? Come possiamo arrivare a sapere e a testimoniare che ciò che egli disse è vero? Come si ottiene quella che chiamiamo testimonianza?
Il primo passo per ottenere qualsiasi tipo di conoscenza è di desiderare veramente di conoscere. Il passo successivo, nel caso della conoscenza spirituale, è di chiedere sinceramente a Dio in preghiera. Come leggiamo nella rivelazione moderna:
«Se chiedi, riceverai rivelazione su rivelazione, conoscenza su conoscenza, affinché tu possa conoscere i misteri e le cose che danno pace: ciò che porta gioia, ciò che porta vita eterna» (DeA 42:61).
Ecco cosa scrisse Alma in merito a ciò che fece lui: «Ecco, ho digiunato e pregato molti giorni, per poter conoscere queste cose da me. Ed ora so da me che sono vere; poiché il Signore Iddio me le ha rese manifeste mediante il suo Santo Spirito» (Alma 5:46).
Mentre desideriamo e cerchiamo, dovremmo ricordare che acquisire una testimonianza non è una cosa passiva ma un processo in cui ci si aspetta che facciamo qualcosa. Il Salvatore ha dichiarato: «Se uno vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina è da Dio o se io parlo di mio» (Giovanni 7:17).
Un altro modo per cercare una testimonianza sembra sbalorditivo se paragonato agli altri metodi utilizzati per ottenere altra conoscenza. Acquisiamo e rafforziamo una testimonianza, condividendola. Qualcuno ha anche suggerito che alcune testimonianze si ottengono meglio in piedi, rendendole, piuttosto che in ginocchio in preghiera per ottenerle.
Una testimonianza personale è fondamentale per la nostra fede. Di conseguenza, le cose che dobbiamo fare per acquisirla, rafforzarla e conservarla sono essenziali alla nostra vita spirituale. Oltre a quanto già dichiarato, abbiamo bisogno di prendere il sacramento ogni settimana (vedere DeA 59:9) per qualificarci a ricevere la preziosa promessa che avremo «sempre con [noi] il suo Spirito» (DeA 20:77). Ovviamente tale Spirito è la fonte delle nostre testimonianze.
IV.
Coloro che hanno una testimonianza del vangelo restaurato hanno il dovere di condividerla. Il Libro di Mormon insegna che dovremmo «stare come testimoni di Dio in ogni momento e in ogni cosa e in ogni luogo in cui possia[mo] trovar[ci]» (Mosia 18:9).
Uno degli insegnamenti più importanti sul rapporto che c’è tra il dono di una testimonianza e il dovere di condividerla è riportato nella sezione 46 di Dottrina e Alleanze. Nel descrivere i diversi tipi di doni spirituali, questa rivelazione dichiara:
«Ad alcuni è accordato dallo Spirito Santo di sapere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, e che fu crocifisso per i peccati del mondo.
Ad altri è accordato di credere alle loro parole, affinché anch’essi possano avere la vita eterna, se rimangono fedeli» (versetti 13–14; vedere anche Giovanni 20:29).
Coloro che hanno il dono di sapere hanno l’ovvio obbligo di rendere testimonianza in modo che coloro che hanno il dono di credere alle loro parole possano avere anch’essi la vita eterna.
Non c’è mai stato maggior bisogno di professare la nostra fede, tanto in privato quanto in pubblico (vedere DeA 60:2). Sebbene alcuni si professino atei, vi sono molti che sono aperti a ricevere ulteriore verità su Dio. A costoro che cercano sinceramente dobbiamo affermare l’esistenza di Dio, Padre Eterno, la divina missione di nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo, e la realtà della Restaurazione. Dobbiamo essere valorosi nella nostra testimonianza di Gesù. Ognuno di noi ha molte possibilità di proclamare le sue convinzioni spirituali agli amici e ai vicini, ai colleghi di lavoro o ai conoscenti casuali. Dovremmo sfruttare queste opportunità per esprimere il nostro affetto per il Salvatore, la nostra testimonianza della Sua divina missione e la nostra determinazione a servirLo.2 Anche i nostri figli dovrebbero sentirci rendere spesso testimonianza. Dovremmo anche rafforzare i nostri figli incoraggiandoli a identificarsi secondo le loro testimonianze in crescita, e non solo in base ai risultati nella scuola, negli sport o in altre attività.
V.
Viviamo in un periodo in cui certe persone travisano le credenze di coloro che chiamano Mormoni e ci insultano a causa di queste credenze. Quando incontriamo tali convinzioni erronee, abbiamo il dovere di parlare per chiarire la nostra dottrina e ciò in cui crediamo. Dovremmo essere noi a dichiarare le nostre credenze invece di lasciare agli altri l’ultima parola per darne un’idea sbagliata. Questo richiede una testimonianza, che può essere espressa privatamente ai conoscenti o in pubblico a riunioni piccole o grandi. Quando testimoniamo dei principi che conosciamo, dovremmo seguire fedelmente l’accortezza di parlare con «dolcezza e mitezza» (DeA 38:41). Non dovremmo mai essere arroganti, insistenti od oltraggiosi. Come insegnò l’apostolo Paolo, dovremmo proclamare la verità in carità (vedere Efesini 4:15). Chiunque può essere in disaccordo con la nostra testimonianza personale, ma nessuno può confutarla.
VI.
In chiusura faccio riferimento al rapporto che c’è tra obbedienza e conoscenza. I fedeli che hanno una testimonianza e agiscono in base ad essa e sotto la guida dei loro dirigenti della Chiesa talvolta sono accusati di obbedienza cieca.
Certamente abbiamo dei dirigenti, e certamente siamo soggetti alle loro decisioni e alle direttive stabilite dall’operato della Chiesa e in adempimento alle necessarie ordinanze del sacerdozio. Ma per quanto riguarda l’apprendimento e la conoscenza dei principi del Vangelo, ossia le nostre testimonianze personali, ciascuno di noi ha un rapporto diretto con Dio, nostro Padre Eterno, e con Suo Figlio, Gesù Cristo, mediante la possente testimonianza dello Spirito Santo. Questo è ciò che i nostri critici non riescono a comprendere. Li confonde il fatto che possiamo essere uniti nel seguire i nostri dirigenti e tuttavia essere indipendenti nella conoscenza individuale.
Forse la confusione percepita da alcuni può essere spiegata dalla realtà che ognuno di noi ha due diversi canali per arrivare a Dio. Abbiamo il canale del governo tramite il nostro profeta e altri dirigenti. Questo canale, che riguarda la dottrina, le ordinanze e i comandamenti, ha come risultato l’obbedienza. Abbiamo anche il canale della testimonianza personale, che è diretto verso Dio. Questo riguarda la Sua esistenza, il nostro rapporto con Lui e la verità del Suo vangelo restaurato. Questo canale ha come risultato la conoscenza. Questi due canali si rafforzano a vicenda: la conoscenza incoraggia l’obbedienza (vedere Deuteronomio 5:27; Mosè 5:11) e l’obbedienza accresce la conoscenza (vedere Giovanni 7:17; DeA 93:1).
Noi tutti agiamo, o obbediamo, in base alla conoscenza. Nella scienza, come pure nella religione, la nostra obbedienza non è cieca quando agiamo in base alla conoscenza conforme al motivo della nostra azione. Uno scienziato riceve e agisce in base alla certificazione comprovata o alle condizioni di un particolare esperimento. Nelle questioni religiose, la fonte di conoscenza di un credente è spirituale, ma il principio è lo stesso. Nel caso dei Santi degli Ultimi Giorni, quando lo Spirito Santo dà alla nostra anima una testimonianza della veridicità del vangelo restaurato e della chiamata di un profeta moderno, la nostra scelta di seguire questi insegnamenti non è obbedienza cieca.
Ogni volta che testimoniamo dobbiamo evitare l’arroganza e l’orgoglio. Dovremmo ricordare il rimprovero contenuto nel Libro di Mormon rivolto al popolo che si era inorgoglito nelle cose più grandi che Dio aveva dato loro che opprimeva gli altri (vedere Giacobbe 2:20). Giacobbe disse che era «abominevol[e] per Colui che ha creato ogni carne» perché «ogni essere è tanto prezioso ai suoi occhi quanto ogni altro» (Giacobbe 2:21). Più avanti, Alma avvertì: «Non stimerete una carne più di un’altra, ossia un uomo non si reputerà superiore a un altro» (Mosia 23:7).
Concludo con la mia testimonianza. So che abbiamo un Padre celeste il cui piano ci ha portati sulla terra e ci fornisce le condizioni e il destino del nostro viaggio eterno. So che abbiamo un Salvatore, Gesù Cristo, i cui insegnamenti definiscono il piano e la cui espiazione offre la sicurezza dell’immortalità e la possibilità di avere la vita eterna. So che il Padre e il Figlio apparvero al profeta Joseph Smith per restaurare la pienezza del Vangelo in questi ultimi giorni. E so che oggi siamo guidati da un profeta, il presidente Thomas S. Monson, che detiene le chiavi per autorizzare i detentori del sacerdozio a celebrare le ordinanze prescritte per il nostro progresso verso la vita eterna. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.